mercoledì 6 maggio 2015

La pubblicità è tutto

Non colpisce tanto il fatto che oggi, uno dei più prestigiosi marchi d'orologi abbia comprato alcune pagine di giornale per esigere le scuse dal Governo circa l'azzardato binomio, quanto piuttosto il non senso di questa lettera attraverso la quale si recrimina l'accostamento tra la marca e la distruzione delle vetrine. Nemmeno che questi black bloc fossero capaci di distruggere soltanto infilandosi l'orologio in oggetto o dei lobotomizzati il cui cervello darebbe forfait per il solo fatto d'aver indossato l'orologio.

"Sconfitti i soliti farabutti col cappuccio e figli di papà con il Rolex." (M.Renzi)

E' evidente che nelle parole del Presidente del Consiglio non fosse certo condizione necessaria l'indossare un Rolex per esser capace di mandare in frantumi una vetrina, ma prerogativa appannaggio di un ceto sociale certamente più abbiente e di sicuro non esente dal poter usare la violenza, nonché incapace d'intendere i principi di una società poiché esente, per abbondanza di pecunia, dal comprenderne la fatica necessaria a edificarla.

"Egregi signori all'indomani delle devastazioni avvenute a Milano... i media nazionali e web hanno riportato con ampio rilievo in virgolettato le Vostre dichiarazioni relative all'operato delle Forze dell'Ordine, ivi compreso il messaggio 'sconfitti i soliti farabutti col cappuccio e figli di papa' coi rolex'. Se personalmente, come cittadino di Milano, nell'occasione non ho potuto che apprezzare il sacrificio e la dedizione delle Forze dell'Ordine, debbo invece, per la mia carica, esprimere profondo rincrescimento e disappunto per l'associazione delle vostre parole fra la condizione di 'distruttori di vetrine' ed il fatto di portare un orologio Rolex al polso. Al di la' del fatto che, dalla qualità delle foto e dei video che sono stati diffusi dai media e' altamente improbabile poter desumere un'affidabile identificazione come Rolex (e ancor piu' come Rolex autentico) dell'orologio indossato dai facinorosi che stavano commettendo evidenti reati, credo che il dettaglio dell'essere - o non essere - quest'ultimo di marca Rolex, sia obiettivamente cosa marginale rispetto al 'cuore' delle Vostre dichiarazioni". "Ho preso la libertà, dopo profonda riflessione di pubblicare la presente sulla stampa nazionale a doverosa autodifesa, nell'immediato, della reputazione del marchio e dell'immagine di Rolex. Confidando in una Vostra cortese rettifica, con ossequi, Gianpaolo Marini".


Avere un Rolex può essere una conquista sociale certo, alla stregua di un vessillo che ricordi l'appartenenza a una tale famiglia piuttosto che a un'altra. Ma oggi, che siamo circondati dalle conseguenze di un boom economico, con figli e nipoti incapaci di avere spinte e vere motivazioni lavorative o soltanto di raccogliere le briciole rimaste di un benessere postbellico, non possiamo che aspettarci il regno dell'assenza di valori, dove i vessilli di famiglie ormai estinte sventolano sul drappo sgualcito del distruttore di turno.




Vero o falso che fosse il Rolex, sarebbe stato certamente meglio usare quest'altra frase

"E mentre quelli col Rolex andavano a distruggere le vetrine..." (M.Renzi)

quantomeno non ci sarebbe venuto il dubbio, che sfruttare l'onda emotiva oggi, possa essere la migliore delle pubblicità da farsi




martedì 21 aprile 2015

Il Nulla

l'Italia è un paese meraviglioso, corruttocraticamente perfetto, non ci saranno mai infiltrazioni di stampo democratico, né mai, dico mai, meritocrati senza scrupoli pronti a prendere la fetta che gli spetta, l'italia è un paese garantista e non lascerà mai che un corrotto non abbia la sua parte, questa è garantita per diritto di amicizia, compiacenza e fedeltà al sistema, uno dei più avanzati sul pianeta ed è la dimostrazione che un paese senza identità e privo del senso di appartenenza non è un paese, ma la puttana di gente il cui scrupolo vale meno della moneta che hanno usato per comprare la dignità di ogni singolo cittadino

la sovranità appartiene al sistema e quest'ultimo garantisce i diritti inviolabili dei corrotti, sia come singoli che come formazioni sociali ove si svolge la corruzione, compito del sistema è rimuovere gli ostacoli che impediscono il corretto svolgimento delle illecite attività, siano esse a danno del paese, siano esse a danno del singolo, tutte le buone intenzioni per l'applicazione della meritocrazia verranno prontamente abbattute non appena riconosciute poiché considerate minacce allo stato di diritto, il diritto di essere oltre le regole, oltre la legge, oltre il buon senso

diceva uno dei più grandi poeti che ebbi la fortuna di conoscere durante uno dei miei viaggi a Parigi: "il più forte non è colui che non ha più nulla da difendere, ma colui che difende qualcosa per nulla"

e il nulla è ormai sotto i nostri occhi.
il Nulla.





sabato 11 aprile 2015

Come uscire dalle sabbie mobili

Una volta rimasi bloccato nelle sabbie mobili.
Stavo accompagnando il Maestro in un luogo remoto a Nord di Champawat e in quel periodo dell'anno le piogge avevano formato nel terreno dei pericolosi blocchi di sabbie mobili impossibili da scorgere per chi non era del luogo come me

"Ascolta!"

mi fece Zufar dalla collina alle mie spalle mentre io lentamente (nonché pericolosamente) scendevo di centimetro dopo centimetro

"Se non capisci prima la dinamica del luogo in cui sei finito rimarrai preda delle sabbie mobili. Bisogna dare qualche colpo a sinistra, qualche colpo a destra, bisogna farsi aiutare ma questo sarebbe impossibile senza dare nulla in cambio o senza compiere alcuno sforzo, anzi ti farebbe persino male, e allora dovrai aiutarti anche con le tue mani, fin dove arrivi...ma non agitarti troppo, non ti gioverebbe e non rimanere immobile altrimenti affonderesti, un buon metodo quando ci s'impantana in questo modo è quello di tornare sui propri passi come se stessi salendo una scala al'indietro, ma di sicuro, senza la voglia di uscire dalle sabbie mobili i tuoi sforzi saranno vani, a meno che non ti capiti la fortuna di ricevere una bella spinta dal basso verso l'alto!"


venerdì 3 aprile 2015

Buona Pasqua

Credevo di aver visto tutto durante il natale, ma non ero ancora stato in un supermercato di venerdì santo...è stata quasi un'esperienza mistica, che spero di non vedere più, c'era quest'orda di macchine parcheggiate in ogni dove, pennacchi argentati di uova di pasqua che dondolavano tra carrelli stracolmi di uova spinti da un meccanismo automatico chiamato homo social, grida di bambini che correvano tra le macchine, carrelli che sbattevano sulle macchine, vecchine contro mano in attesa del posto macchina, motorini fermi a causa delle vecchine dal cappello pasquale sedute in macchina e cani legati a un palo in attesa che il padrone facesse la spesa...

io credo che questa sia vera passione, passione per l'abbacchio forse, sempre che sia rimasto, passione per quelle uova così speciali, della stessa cioccolata che si trova tutto l'anno, una via crucis insomma, un mistero, il mistero del perché il venerdì santo il numero di persone che fa la spesa decuplichi inspiegabilmente come fossero pani e pesci, ebbene, non so a quanta di quella gente servisse davvero fare la spesa ma immagino che a molti come me, sia passata la voglia di entrare nel sacro supermercato.... "non di sola carne si nutre l'uomo" ho pensato "e non di solo pesce" ho pensato ancora.... ecco, dopo questa visione posso dire con certezza che presto o tardi l'homo social spingerà un carrello pieno di domande e ahimé, alla cassa, i soldi per comprare una sola piccola risposta non gli basteranno





lunedì 30 marzo 2015

Karma

Il karma è molto più semplice e trasparente di quanto si creda, una volta compreso il suo meccanismo, la maggior parte dei nostri problemi si scioglierà nell'aere. Come diceva il potente quanto magnanimo Maestro Zufar, nonché Venerabile del Khan che ebbi modo di conoscere nella sua penultima reincarnazione:

"il comportamento altrui che più vi colpisce non fa altro che mostrarvi ciò che più sovente non vedete di voi, quando la smetterete di criticare gli altri o di sentenziare giudizi, nessun'uomo potrà colpirvi, nessun fatto potrà più turbarvi"




giovedì 12 marzo 2015

Sara Lautizi, la tela siamo noi

Qualunque artista degno di questo nome, presto o tardi è dovuto scendere nel suo io più profondo per poter comprendere le differenze tra Essere e non Essere col solo fine di avvicinarsi il più possibile a quella tanto anelata perfezione scevra di attributi. E se molti artisti continuano la loro arte incuranti di questi processi, ce ne sono altri la cui conoscenza dell'Essere è un fattore imprescindibile sin dai primi passi nel mondo dell'arte. Ma come si fa a rappresentare quest'impossibile, questa inarrivabile assolutezza con strumenti come i pennelli e i colori?

Me lo sono fatto spiegare da Sara Lautizi, giovane promessa della pittura italiana, ma soprattutto profonda osservatrice di sé. Volente o nolente, conoscersi e studiarsi significa per lei essere in grado o meno di dipingere. 


Sara Lautizi
"Per me il quadro più difficile è quello che dovrò fare dopo un periodo di lunghissimo stop. Se mi fermo è perchè non mi amo più...e dipingere è amarmi. In linea più generale il quadro più complicato è quello che cerco di fare con dei presupposti, mentre quello più facile è quello dove prendo il primo supporto che mi capita e inizio a farlo, con la testa altrove. Magari dipingo in camera da letto e con la mente sono in cucina che penso a cosa mangerò o a cosa farò per guadagnare soldi o soltanto per essere felice... e poi PUFF, sono di nuovo lì, di fronte a un'opera della quale non ricordo i passaggi e... mi piace! Mi piace e non devo aggiungere nulla."

Sara ha venticinque anni e per vivere alterna i suoi guadagni con lavori occasionali. Fa la barista per qualche giorno alla settimana e la donna delle pulizie per il resto del tempo. 

"Sì e la cosa curiosa è che non appena mi manca il lavoro, è proprio il momento in cui riesco a vendere quadri, senza che io faccia nulla. Con quei soldi cerco di vivere in modo dignitoso ma non mi sento mai leggera mentalmente perché ho sempre l'ansia di qualche spesa improvvisa."

"Sedia del miracolo" - olio su carta, 150x80cm (2012) collezione privata
"E quanto incide sulla tua spesa il costo del materiale?"

"La pittura è costosa, i colori sono molto cari. Cerco di comprare i pigmenti per combinarli tra loro e le tele me le costruisco io. Quella a rotoli costa meno."

"Qual'è il quadro che ti ha fruttato di più?"



"Non è un quadro, ma la colonna di un'appartamento. Era alta più di due metri e larga un metro circa. Ho rappresentato l'energia femminile e quella maschile. Sembrava un amplesso."

"E quanto sei riuscita a fare?"

"Novecento euro."

"Quello che ti ha fruttato di meno invece?"

"Trentacinque euro per un pastello e acrilico su tela formato A4. Sono una serie di personaggi che fanno cose."

"Ma quanti quadri riesci a fare mediamente, diciamo in un mese?"

"Non saprei... e ovviamente non c'è un numero fisso, alcuni mesi zero, altri dieci."


 

Ascoltandola, la presenza del e del non  è molto evidente ed è lei stessa a farci capire quali sono i momenti in cui l'ego lascia il posto a qualcosa di più alto.

"Per me la pittura è un prolungamento del mio essere. Dove non arrivano il corpo e la mente, c'è la lei che riesce a farlo. Quando non dipingo sto molto male, sono squilibrata con il cibo, ho la mente che inizia ad essere ossessiva, non sono né felice né soddisfatta. Quindi immagino che sia qualcosa di più grande che dev'esser fatto attraverso me, perchè non sono io che decido le intuizioni, le ispirazioni. Poi succede che guardo le sfumature che ho fatto o le idee che mi sono venute e mi stupisco d'essere stata io a farle!"


"Essere fuori dagli schemi" - olio su tela, 114x80cm
Mentre Sara mi offre un caffé le chiedo quali siano stati i suoi studi, le sue influenze artistiche e mi dice d'aver frequentato il corso di restauro dei beni culturali

"Poi da lì mi sono resa conto che avevo un certo rapporto con la pittura, un rapporto oserei dire fraterno. In verità avevo già intuito qualcosa in terza media con una sfida tra me e una compagna di classe. Avevamo deciso di fare il Bacco di Caravaggio e finito il disegno mi sono quasi scioccata del risultato. Credo che prima di quel giorno non sapessi nemmeno di saper disegnare. E così ho fatto l'Accademia delle Belle Arti, ma ho scelto decorazione invece che pittura. Nella mia totale stoltezza pensavo che dipingendo non avrei mai trovato lavoro..."

"Il tuo stile è molto vicino al cubismo, per certi versi è anche surrealista. C'è qualche pittore al quale t'ispiri?"

"Mi hanno influenzato in tanti. Penso a Renoir, Picasso, Van Gogh, a Frida o a Goya. Ma alla fine ho visto che sono più tendente a una pittura impulsiva e materica, il mio carattere è  cosi, non sono paziente nella vita e quindi non sono paziente nemmeno nella pittura. Figuriamoci se ho la capacità di seguire una corrente. Istinto è la parola che mi accompagna."

"Mamma" - olio su legno (2014) collezione privata
Nel tempo che ho passato con lei mi è parsa un'abile osservatrice, ma non di quell'osservazione formale, esteriore, quanto piuttosto una veterana di terre vicine ma a noi sconosciute, una conoscitrice di quei territori che passano attraverso il riconoscimento di sé nel mondo e viceversa. E si conosce abbastanza da non prendersi mai troppo sul serio anzi, il più delle volte non è nemmeno soddisfatta per accettarsi. Di conseguenza non accetterà mai il quadro.

"Mi raffiguro sempre nei miei quadri, sempre. Mi raffiguro perchè conosco solo me! Sono forse un'egocentrica per questo? ahahah no no, tutto l'opposto. Non accetto di non capire i miei processi mentali, forse perché per me la mente è scontata, è ripetitiva e quando interviene troppo finisce sempre con lo stremare il corpo. Ma quello che davvero mi chiedo è come posso raffigurare l'altro? E tutto quello che osservo nell'altro poi lo vivo e lo trasferisco nel quadro."


"In accettazione" - olio su tela (2013) 96x75cm

Prima di iniziare a dipingere Sara si mette di fronte alla tela. Prende del tabacco e si fa una sigaretta. Poi inizia a tremare, sente l'ansia salire ed è come se la tela la stesse mettendo alla prova. I suoi occhi cominciano a fissarla e la sua mente è già altrove, come in una sorta di transfert.

"Vedo il disegno, vedo la sagoma formarsi sulla tela. Il più delle volte non mi resta che ricalcare quelle sagome. Altre volte i processi sono più complicati, le sensazioni diverse. Alterno stati di soddisfazione a insicurezze varie, passo dall'odio alla gratitudine. Alla fine un quadro è un vero e proprio parto, nel senso che molto di quello che avevo dentro l'ho messo su tela."

Le chiedo se questo suo parallelismo tra arte e studio di sé sia sempre stato così come lo vive adesso.

"Guarda, mi ricordo che da piccola un maestro prese un cartoncino colorato e ci chiese di che colore fosse. Tutti noi bambini rispondemmo verde! ma lui... - sì, ma com'è fatto il verde? - e di nuovo noi tutti... mmmm verde maestro verde!! Ecco, posso dire che lì ci fu un fulmine che mi attraversò il cervello, gli occhi, il cuore, le mani...wow...la realtà non è oggettiva! Io ti posso dire che questa è una linea ------------- e tu chiamerai linea quello che per i tuoi occhi invece è cosi ............. possiamo vedere la stessa cosa in modo diverso e nessuno saprà mai come la vede l'altro!"

"E' forse l'oggettività che cerchi?"
Sara Lautizi

"Se la cerco, la cerco in me. Non credo che l'opera sia nascosta dietro la tela, c'è un percorso dentro di noi che non mettiamo subito a fuoco, la tela siamo noi. Questo percorso lo vediamo quand'è finita e magari può essere che rappresenti un episodio risalente a due anni prima e che ha attraversato tutto questo tempo per maturare."

"Qualcosa di onirico" - olio su tela (2014) 114x80cm















Come tanti altri artisti Sara ritiene che l'anima di ognuno debba potersi esprimere, realizzarsi e fluire nell'equilibrio naturale della vita. Già la medicina cinese studiava centinaia d'anni fa questi processi e da molto meno lo fanno i medici nostrani. Quando c'è una malattia c'è un'oppressione, un nodo non risolto nella vita della persona. E per Sara la pittura rappresenta il suo personale canale di espressione per riallineare anima, mente e corpo. 

"Una volta che senti di essere in equilibrio, il fluire della loro energia non può che indurre ottime ispirazioni. Ma se te ti metti a dipingere perchè lo devi fare è come se ti confessassi per andare in Paradiso, non funziona così.... l'arte può davvero aiutare a guarire e a liberarci di molte delle nostre paure. Dove c'è arte c'è salute."



"Per quanto riguarda le opportunità di carriera nel tuo campo, trovi che in Italia siano le stesse di quelle che potresti trovare all’estero?"

"Di certo non posso dire se sia meglio stare all'estero o in Italia, parlerei con parole non vissute. Penso però che se vuoi dipingere professionalmente e trovi dei limiti nel vivere di pittura, allora c'è qualcosa che non va. Tutto è possibile, ma se sei il primo a porti un freno, stai pur sicuro che diventerà impossibile farlo. Certo l'Italia non sembra voler aiutare l'arte ma dipende cosa vuoi tu dalla tua pittura. Forse a me non interessa molto esporre nelle più prestigiose gallerie o avere delle critiche da persone conosciute. Per lo meno, ora sono focalizzata nel riuscire a esprimermi nel modo più puro possibile. Vorrei saper dipingere come quando lo faccio nei sogni, senza paura, senza domande, con colori nuovi e che non esistono ancora. Se alla mente chiedi - riesci a immaginare un colore nuovo? - vedrai subito che va in tilt...ma nei sogni si può e se si può nei sogni, lo si può fare anche in questa realtà. Alla fine tutte e due le dimensioni sono facce della stessa medaglia... ti ripeto, tutto è possibile. Ma tornando alla domanda, mi immagino di più all'estero per via della mia pittura. L'Italia non è sofisticata ed è rimasta ancorata in una visione classica della bellezza, mentre io amo l'arte in tutte le sue sfumature, per me è l'ultimo scalino dell'infinito e ognuno di noi ha il suo modo per manifestarla."

"E come ti vedi da qui a vent'anni?"

"Pausa" - olio su tela (2011) 35x50cm, collezione privata


martedì 3 marzo 2015

di quando mi persi nella Foresta

Come non ricordare la capacità del Venerabile Zufar Khan di muoversi al buio o nella nebbia più fitta senza l'aiuto di torcia alcuna, ed ero certo non usasse gli occhi, ma allora cosa lo guidava? 
Glielo chiesi un bel giorno, quando giunti in Europa mi persi nelle Foreste Casentinesi nel tentativo di tornare dal Maestro e venni ritrovato da lui stesso poco prima di incrociare tre briganti (al tempo già condannati ed evasi grazie alla corruzione di un gendarme) 

"se cerchi la strada che ti conduce da me la perderai, ma se cerchi me la troverai"