sabato 31 ottobre 2015

Margin Call - Una cagata pazzesca

Margin Call, 2011 - photo via Imdb.com


Se volete farvi un regalo optate per la corazzata Potëmkin e la serata vi andrà meglio. Altrimenti dovrete confrontarvi con la più banale opera cinematografica che Manhatthan abbia mai conosciuto.
Dalle commedie, ai legal drama, agli action movies. Nessuno è mai riuscito in questa missione. Questo è un film che dovrebbero farlo vedere prima de La Storia Infinita perché qui ci troviamo veramente di fronte al NULLA di Michael Ende.

E per mettere insieme una storia così banale hanno chiamato niente meno che Jeremy Irons, Demi Moore e Kevin Spacey dicendogli qualcosa del tipo: "Ok, sapete recitare. Ma sapete farlo senza sceneggiatura?" Sarà stato un esperimento didattico, chi può dirlo. Ma la risposta è tutta in questo film. Difficilmente si sarebbe potuto fare di peggio, perché difficilmente quello che vediamo all'inizio è la stessa cosa che il regista ripropone per tutto il film. Eppure qui succede, col risultato che diventa peggio di un film senza senso. Sceneggiature lasciate a metà (tra cui ovviamente anche la fine) e trama che quando potrebbe cominciare a svilupparsi viene invece inspiegabilmente interrotta. Vogliamo credere che il leit motif sia sempre quello; "dall'inizio alla fine la stessa solfa". Personaggi il cui carattere non viene gestito, le cui battute sembrano scritte ma non dette, un Kevin Spacey che fa di tutto per non pensare "oddio, ma questi mi pagano pure?" e una Demi Moore che sembra chiedergli "ma veramente devo dire soltanto questo?"


LA TRAMA
La storia parla di una società di trading in cui improvvisamente uno dei broker scopre una falla nell'algoritmo; vale a dire l'impossibilità di vendere a un valore superiore quanto acquistato in precedenza dalla sua stessa società (e chiaramente anche da lui). Insomma il mestiere del trader con un "problemuccio" da risolvere. 

Purtroppo per voi però, è finita qua.

Per tutto il film non si assisterà ad altro che al cazziatone di Jeremy Irons, il boss dei boss e alla svendita delle azioni/mutui incriminati:

"Spiegamelo come se lo dovessi spiegare a un golden retriever" Praticamente si è dato del cane da solo e continua nella sua esaltazione di homo sapiens: 

"Se sono qua (n.d.r. se sono il capo dei capi dei capi) non è grazie al mio cervello." ...e così via


Perciò, dopo la riunione di emergenza fatta a seguito di questa scoperta, tutto verrà liquidato il più in fretta possibile. E fine della storia. Nessun inghippo, nessun doppio gioco, nessun omicidio, suicidio, tentativo di furto, nessuna azione legale, nessuna scalata, nessun colpo di scena. Si obietterà, ma è così che è andata nel 2008! 

No, credere che sia andata così è un insulto all'intelligenza.

E non posso concludere senza menzionare l'unico barlume di regia degno di nota (forse qualcuno ha approfittato dell'assenza del regista) quale il dolore di Kevin Spacey di fronte alla morte del suo cane piuttosto che di fronte all'immenso crack finanziario che il film ha la pretesa di raccontarci. 



martedì 27 ottobre 2015

WALKING DEAD in 45 minuti

ATTENZIONE, SPOILER 
non leggere senza aver visto le prime tre puntate della sesta stagione


Cominciamo col dire che la sesta stagione ha un plot davvero ben fatto. Come nel resto della serie, le puntate non lasciano a bocca asciutta, ma la vera differenza è che tutto è in ballo da tre puntate e certamente lo sarà anche per la quarta.

Il crescendo ha inizio col dettaglio culinario di Carol, un timer settato sui 45 minuti. Ed è quello più o meno il tempo durante il quale vivremo il clou di quest'inizio di stagione. I veri walkers non sono i morti che tornano, ma i vivi che rimangono e la serie non si stancherà mai di farlo presente anzi, è il vero filone narrativo. Le scene degli zombie sono ormai diventate inutili, un corollario, non fanno paura nemmeno se ci credessimo. Un walker che uccide un vivente o una mandria di walkers che avanza verso i nostri, è ormai più che una routine, è la lenta agonia che dobbiamo sorbirci pur di seguire la sceneggiatura (la sopravvivenza dell'uomo in uno scenario post apocalittico), dove ci rendiamo finalmente conto delle basi della nostra stessa società, sopite in noi perché mai veramente conosciute.

A questo proposito è lampante il dialogo tra Rick e Deanna su come si risolvono i problemi. Da una parte la scelta apparentemente drastica di lui e da un lato la scelta apparentemente civile di lei. Lui è mosso da una conoscenza 'superiore', ha vissuto fuori in mezzo ai walkers e Michonne lo ricorda ad Heath durante la terza puntata

"Hai mai ucciso delle persone perché avevano già ucciso i tuoi amici?"
"Hai mai fatto delle cose che poi ti hanno fatto avere paura di te stesso?"
"Sei mai stato coperto da così tanto sangue che non sapevi se fosse tuo, dei walkers o dei tuoi amici?"

ma soprattutto

"Rick ha detto quello che ha detto perché a volte non si ha una scelta"

ed è di scelte che per molto tempo ci ha parlato Walking Dead, ricordiamo soltanto la principale: "aiutare e perder tempo o fuggire e risparmiare tempo?" basti pensare a quanti personaggi nell'arco delle prime cinque stagioni si sono trovati ad optare per la seconda e hanno dovuto fare poi i conti la stessa. Allora, che cosa scegliere? Certamente chi sceglie di sopravvivere per puro egoismo soccomberà, soprattutto se lo fa mettendo di proposito o gratuitamente i propri amici in difficoltà.



Dal canto suo Deanna invece gioca ancora a fare il politico in un teatro (la cittadina di Alexandria) che non li proteggerà a lungo. La civiltà sulla quale poggiano le sue scelte non può prescindere da una realtà che adesso non esiste più. E questo non riuscirà a capirlo fino a quando non le morirà il marito.

Ma torniamo al dolcetto che Carol ha messo in forno, sarà pronto quando tutto sarà finito e questo è un dettaglio cinematografico degno del grande schermo. Walking Dead parla di zombie e questi abbiamo capito non essere più i morti viventi quanto piuttosto gli uomini, capaci di uccidersi l'un l'altro pur di sopravvivere, capaci di impazzire e di uccidere gratuitamente, senza alcun motivo. Siamo in un aftermath epidemico, le regole della società civile sono tornate quelle dei primi uomini e le circostanze non permettono più di trastullarsi con le soporifere amenità che la civilizzazione ci ha dato. Lo vediamo infatti con Rick, che dopo aver fatto a pugni con Pete, rimane per l'ennesima volta attonito di fronte alle "serene" attività dei cittadini di Alexandria, come se non fosse mai successo niente. La tanto decantata Sostenibilità di questa cittadina, sponsorizzata dai cartelloni pubblicitari lungo la strada, diventa ormai "insostenibile" per Rick. Pete è infatti il violento che la nostra società può permettersi di avere e che anche Alexandria è disposta a tenersi. Ma non c'è più spazio per la Sostenibilità, non c'è più spazio per gente come Pete, ci sono cose che hanno la precedenza e Rick lo ha sempre saputo, Carol lo ha sempre saputo, così come pure Michonne e Daryl.

D'accordo ci hanno provato, hanno ripreso fiato. Ma Carol con le pistole è ormai più svelta di Clint Eastwood (non dimentichiamoci il suo poncho a Terminus) ed è più spietata di Rambo, tuttavia adesso fa biscotti per il vicinato. Rick si è persino rimesso la giacca da sceriffo con tanto di cravatta ben allacciata. Se questo non vuol dire crederci.

Ma è la coscienza a guidare il gruppo e tutti loro lo sanno.
Persino Carl lo dice al padre come in un dialogo con sé stesso: "loro sono deboli"

Tant'è che Deanna è brava a fare il leader con i problemi della vecchia società. Quando però spuntano i problemi di quelli nuova, ormai primordiale, la realtà dei fatti (la brutale e improvvisa uccisione del marito) minerà la sua leadership e la ridurrà a un breve passaggio di consegne per Rick...

"fallo" (vendica mio marito, ora, con tanti saluti alla civiltà)

e questo decreta il vero 'confine' della cittadina, il definitivo punto di rottura di Alexandria; non c'è spazio per l'indulgenza quando già il mondo (apocalittico) non ti darà una seconda possibilità.

Da lì a poco, durante il tempo di un dolcetto, l'assalto (in)umano ad Alexandria è il più vero degli attacchi dei 'walkers', walkers che sono tutto fuorché zombie. La comunità viene abbattuta come un essere vivente inerme, ingenuo e solo temporaneamente fortunato.

Fortuna che non accompagnerà nemmeno Glenn che ci lascia durante la terza puntata, ma sia la sua morte sia l'intera puntata sono già tornati ad un livello più standard per i ritmi della prima e seconda puntata.

E infatti si parla di zombie, quelli morti.





venerdì 16 ottobre 2015

#AfricaExtreme

Partirò da Zanzibar nuotando nell’Oceano Indiano per 50 chilometri senza sosta (entro 24 ore) fino a Bagamoyo. Da lì, attraverso la savana, percorrerò di corsa 1.200 chilometri in 27 giorni, in pratica una maratona al giorno. Raggiunte le pendici del Kilimanjaro (1.600 mt) salirò da un versante fino alla vetta (5.895 mt) senza l’ausilio di campi intermedi, senza ossigeno e portatori, per poi ridiscendere dall’altro versante, entro le 24 ore.

No tranquilli non sono io (che al massimo partirò dal bar camminando fino al ristorante indiano per cinque chilometri e con qualche sosta) ma è Danilo Callegari, esploratore ed amante di sport estremi che in questi giorni sta facendo in solitaria la sua ennesima prova di resistenza sia fisica che psicologica in Tanzania.


foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com
foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com


Ed è proprio la prova psicologica ad essere probabilmente la più difficile perché oltre al mare mosso, agli squali e ai problemi fisici dovuti allo sforzo (piaghe, tendiniti) ci si è messo anche il fattore locale.

Racconta infatti quanto avvenuto durante la terza maratona...

"Giornata complicata questa di oggi sia per quanto riguarda la sicurezza che per il mio stato di salute.
Eravamo nel bel mezzo di una zona semi-montuosa con qualche villaggio disperso e tutto attorno savana e piante bruciate dal fuco dei locali per crearsi il carbone.

Ho preso l'iniziativa di mandare avanti il fuoristrada con la squadra a bordo di 5 km per facilitare la mia mente a raggiungere il punto dato che fino a quel momento l'ho sempre avuto attaccato dietro.
Ero quindi solo, quando un uomo adulto con faccia poco raccomandabile e occhi ripieni di sangue, mi ha passato in sella ad una moto squadrandomi da testa a piedi, tornando indietro dopo soli cento metri, risquadrandomi in un modo che non mi era affatto piaciuto. Ecco quindi la mia decisione di togliere l'orologio dal polso e infilarmi dentro dei cespugli mimetizzandomi al meglio in attesa di un suo ritorno per concludere l'opera. E così è stato. Due moto una con lui e l'altra con altri due uomini
armati di machete. Vedevo che mi cercavano ma non mi hanno beccato e se ne sono tornati indietro.

Ho preferito rischiare l'incontro con un serpente, un ragno o un insetto pericoloso tra quei cespugli piuttosto che finire sotto le mani di certi individui. Raggiunto il fuoristrada e tempo di raccontare l'accaduto che altre tre moto con tipi che brandivano machete ci hanno raggiunti e vista la mal parata, anche il nostro autista ha deciso che era meglio andarsene via. Sono quindi salito in jeep e una volta usciti dalla zona pericolosa, ho ripreso la mia corsa."


foto di Lorenzo Santin

Il picco insulinico

entro in vasca e il più giovane dei due mi fa
"quanti anni hai?"
"35"
"pensa che io ne ho 25 più di te" (che tradotto significa "te sdrumo")
e sorride all'amico, un simpatico vecchietto che si aggiusta la cuffia e gli occhiali, poi ritorna sull'argomento... "potresti essere mio figlio" (che tradotto significa, non farti il bagno se hai appena mangiato, piccolo poppante)
l'amico se la ride di gusto e rincara la dose "beh nel mio caso, potrebbe essere mio nipote!" e giù a ridere di nuovo

bene, tutta la lezione è proseguita con questi due giovanotti che nuotavano a delfino e con me che mi trascinavo come un barracuda ferito a causa dei maledetti zuccheri che mi sono strafogato alla macchinetta

foto by cibo360.it

"quante ne mancano?" mi chiede il nonno e ormai, come sempre dopo 1.5 km a quei ritmi, non capivo più nulla "abbiamo finito Giovà! erano 3 da 100 + 3 da 75"
"ma quello era l'esercizio precedente!" e scuote la testa "queste sono quattro serie da 100, due stile e due gambe!"
nonno Giovanni aveva ragione, ma soprattutto aveva ancora fiato per parlare.
finisco in bellezza con una bella testata a bordo vasca, credo stessi dormendo ormai...o roba simile.


giovedì 15 ottobre 2015

Il Ragionier Filini

Prendete il viso di Filini, prendete gli occhiali di Filini, insomma prendete Filini....bene, sotto metteteci un palestrato body builder e condite il tutto con i movimenti di un Troll in un negozio di cristalleria.

Ma non è finita, aggiungete una vocina acuta e un paio di tic nervosi ed avrete il quadro perfetto di chi mi ha servito oggi in banca.


"Che deve fare?"
"Sì buongiorno, la mia carta è scaduta."
"Mi facci vedere." Giuro, come Filippo il giornalista. Alché lui la guarda, poi guarda me in silenzio. Temevo di farlo lavorare, e infatti era lì lì per dirmi "Lei è un pazzo, un facinoroso. Noi queste cose non le facciamo, potrebbe beccarci la finanza. Deve rivolgersi direttamente alla casa madre, dove progettano i microchip di queste carte." Quando invece "..ok vediamo che cosa si può fare, in effetti non so se oggi gli applicativi....forse..." Occhi al soffitto, sembrava andare a memoria, anzi sentivo proprio i neuroni svuotarsi il pappagallo e infilarsi tuta e scarpe da ginnastica per pedalare. "Forse Gesta, se poi entro in NOROS e inserisco i dati dal gestionale...allora..." Ma squilla il telefono. Un amico. O un collega. O un cliente. Difficile stabilirlo. Stava per chiudere quando gli fa: "Ah ma sentimpò...ma che per caso sai come si cambiano queste nuove carte?" Segue battuta volgare sul proprio datore di lavoro e incitamento alla rivoluzione sindacale. Considerate pure che la mia banca, come quasi tutte ormai, non ha più i classici sportelli user friendly alti due metri, ma delle scrivanie sparse qua e là. Questo solo per dire che per tutto il tempo che è stato al telefono, io e altri due clienti ci siamo dovuti sorbire il suo delicato quanto elegante smucinamento di palle. Ma non c'è da stupirsi, è il modo che usa il romano medio per concentrarsi. In senso orario riflette sul da farsi, in senso antiorario avvolge la bobina e dunque cerca di ricordarsi le cose.

"Ho capito, vabbeh, seh, seh....seh, su NOROS, occhei ciao. Allora, mi dii documento e numero di conto. Signori dopo il signore questo sportello chiude."

Troppa fatica per oggi.



I 25 migliori ristoranti d'Europa

Sono usciti oggi i risultati di Trip Advisor sui migliori ristoranti d'Europa.

Da notare che tra i primi dieci ce ne sono ben tre inglesi e su un totale di venticinque non c'è nessun ristorante italiano. Tre si trovano a Copenaghen (5°, 12°, 22° posto), sei in  Francia (2°, 6°, 8°, 15°, 17°, 21°) e cinque in Spagna (1°, 9°, 11°, 18°, 20°). Al diciannovesimo posto the ARTIST, un ristorante di Bucharest, in Romania. Al tredicesimo troviamo invece l'ellenico Funky Gourmet di Atene.

  1. Martin Berasategui - ES
  2. Maison Lameloise - FR
  3. Adam's - UK
  4. Restaurant Sat Bains - UK
  5. Geranium - DK
  6. PIC - FR 
  7. Le Manoir Aux Quat' Saisons - UK
  8. Epicure - FR
  9. El Celler de Can Roca - ES 
  10. HanTing Restaurant - NL
  11. El Club Allard - ES
  12. Noma - DK
  13. Funky Gourmet - GR
  14. L'Enclume - UK
  15. Christopher Coutanceau - FR
  16. Midsummer House - UK
  17. L'Auberge de l'Ill - FR 
  18. Arzak - ES
  19. the ARTIST - RO
  20. ABaC Restaurant - ES
  21. Restaurant Mariette - FR
  22. Kokkeriet - DK
  23. Restaurant Johannes - NL
  24. Hos Thea - NO
  25. Belcanto - PO


Insomma, vince il ristorante spagnolo di Martin Berasategui, esperto di quelle che sembrano....schiume

foto by Marinez (tripadvisor)

foto by Martin Berasategui



foto by monacofranke1 (tripadvisor)



Trip Advisor pubblica anche la lista dei migliori 25 ristoranti al mondo e nemmeno qua, troviamo un ristorante italiano. Sostanzialmente, una lista europea con qualche integrazione, come il TRB di Pechino o il Table 9 di Dubai.

mercoledì 14 ottobre 2015

la Torre di Babele

Mi disse che dopo la pioggia dell'altro giorno non vedeva più i suoi canali preferiti.
"La televisione ha qualche problema. Può aiutarmi giovanotto?"
"Sì, certo."
"Mi segua, allora."

La mia vicina di casa soffre di Alzheimer. Mi avrà incontrato una cinquantina di volte per le scale e ogni volta mi da del lei come se non mi conoscesse. Poi come un rituale mi chiede se abito nel palazzo o se ho animali in casa. E per finire mi racconta la storia di Babele.

Ho sempre pensato che vivesse al piano terra e invece mi sbagliavo. Il piano terra è solo una facciata. Una sorta di iceberg, un termitaio. La vita vera era sotto, sotto al giardino, sotto al palazzo.

"Oh beh, lassù non ci vado quasi mai." Mi fa indicando il suo appartamento al pian terreno. "Io vivo qua sotto, vede?" Ed entriamo in un secondo grande appartamento proprio adiacente ai box. Eravamo passati dal giardino e attraverso una scala a chiocciola eravamo finiti in un chiostrino e poi dentro casa sua.

"Questa è la cucina." Mi fa chiudendo la finestra. "Anche quella è guasta." E mi indica un mobile anni '70 con sopra una piccola televisione a tubo catodico, forse un quindici pollici. Friggeva su un canale tra il grigio e il grigio scuro. Mi guardai attorno. La cucina era sporca, maleodorante e qualsiasi alimento si fosse conservato la dentro sarebbe di certo scaduto nel giro di qualche giorno. Lei adora gli animali, e non stento a credere che in frigo non ne tenesse qualcuno imbalsamato.



L'olezzo di cibo per gatti era nauseabondo, così come quello dei gatti. Probabilmente la cucina serviva solo a loro. Lei ormai è troppo vecchia persino per provare appetito. Sui fornelli c'erano tre piccole padelle bruciate, con dentro del pane bruciato e della carne bruciata. A terra, il gatto arancione si preoccupava della mia presenza, mentre quello nero e senza la coda aveva deciso di mangiare tutto prima che lo facessi io al posto suo. Erano sporchi e rassegnati. Molto più rassegnati di quanto lo fosse Olga.

Ci spostiamo in salone. Il salone del sottoscala. L'odore è ancora forte. Ci sono tre divani e un pianoforte a coda. Tutto in penombra. Fanno luce una televisione a schermo piatto e una lampada accanto al divano. Vestiti e libri sono ovunque. Mi ricorda la clochard che stava accanto alla sinagoga, proprio dietro la camionetta dei carabinieri, probabilmente per sentirsi protetta. Viveva in cinque metri quadri di cianfrusaglie, vestiti, coperte, giornali. E lì dentro, sotto un telone trasparente leggeva il suo giornale come fosse nel salone di casa. Un giornale come quello che era poggiato sul divano, proprio accanto agli occhiali da vista di Olga.



"Quella oggi mi ha lasciato proprio una bella PATATA!"
Pensavo si riferisse alla donna delle pulizie, ma avevo capito male. "Una patata? Chi signora?"
"Come chi? La gatta! Non la vede? Ha cagato proprio qua, sul divano."

Ahhhh. Una cagata. Certo.
Mi dissi che dovevo metterci il minor tempo possibile. La puzza era vomitevole.

"E' suo quel pianoforte?"
"Eh?"
"Il pianoforte! E' suo?"
"E certo, di chi sennò? Sono insegnante di musica."

Intanto controllavo i cavi e avviavo la sintonizzazione automatica dei canali.

"Suona ancora il pianoforte?"
"No, io no. Ma Leo lo fa per me." E sorrise.
Il gatto nero mi guardava di striscio pulendosi i baffi. Camminava lento verso il pianoforte.

"E l'altro gatto come si chiama?"
"Come?"
"L'altro gatto! Come si chiama?"
"Non hanno un nome! A che servirebbe?"
"Non ha detto che quello si chiama Leo?"
"Nient'affatto! Mio marito si chiamava Leo."

Ah.
Il tanfo di cibo per gatti mi arrivò tutto insieme.
La sintonizzazione era al 40%.
Il gatto nero saltò sul pianoforte. Olga intanto si alzava e andava nella stanza accanto.
Mi guardo attorno. Vedo il gatto rossiccio che mangia in cucina. Il gatto nero si era steso sul pianoforte.

"Ecco! Questo è l'altro telecomando." E mi porge un telecomando per anziani con i tasti grandi.
"Non credo che ci serva adesso, ha le stesse funzioni dell'originale."
"Come vuole ragazzo." Poi si gira, e con gli occhi di fuori mi fa... "Si segga!"
Sapevo me lo avrebbe detto. E non era un invito, era un ordine. Guardo il gatto mangiare, l'altro poltrire, e ne entra un terzo dalla camera alle nostre spalle. Penso ai secchioni della mondezza che hanno rovistato in giornata, proprio di fronte al giardino che da sulla strada. Penso alle loro zampette sudice e chissà cos'altro. Su tutti e tre i divani c'è un lenzuolo bianco per proteggerli dalla polvere. Ma non è stato sufficiente per proteggerli dalla PATATA. E mi sembra proprio di vederla, là sul divano, di fronte a me.

Opto per il tavolino di fronte alla televisione e mi siedo.
"Ha quasi finito."
"Ma io non vedo niente!"
"Qualche minuto e si vedrà signora."
"Come dice?"
Sospiro.
Il gatto sul pianoforte comincia a fare le fusa.
Quello rossiccio finisce di leccare la sua ciotola e si accascia davanti alla porta che da sul chiostrino.


"Lei deve sapere una cosa."
"Sì..."
"Tanto tempo fa il Signore fece costruire la cosiddetta Torre di Babele." Col braccio destro gesticolava come per entrare in trance. Erano movimenti automatici che l'aiutavano a ricordare la storia. "E diede a ciascuno di noi una lingua diversa. Ma ne lasciò una comune a tutti. Lei sa qual'è? Me lo dica."
La prima volta risposi l'amore. Ogni volta rispondevo l'amore.
"No! E' la MUSICA."
"Ahhh è vero!"

....SINTONIZZAZIONE 76%

"E sa cosa fece poi il Signore?" Domandò puntando con forza il suo bastone in terra.
"Non lo so, lo ammetto."
"Fece un regalo all'uomo, il regalo più grande!"

Sapevo avrebbe detto il cane. Lo diceva tutte le volte.

"Regalò all'uomo il cane!" Il gatto nero aumentò le fusa. Poi in cucina si sentì un rumore. Cadde qualcosa dalle credenze. Il gatto rosso era lì, che dormiva per terra.

....SINTONIZZAZIONE 82%

Sarà stato il terzo gatto, pensai. Ma quando mi girai verso Olga era in braccio a lei.

"Qualcuno dice pure che regalò all'uomo il cavallo..."

L'idea del cavallo mi diede i brividi, pensai a una testa di cavallo nel frigo. Forse aveva dato quella da mangiare ai gatti. Posai il telecomando sul tavolino. Pensai che forse era così che sparivano le persone. Un'amabile vecchina, tre gatti, un cavallo.

....SINTONIZZAZIONE 91%

"Lei ha un cavallo forse?"

Sentii una nota nell'aria. Mi girai. Ne sentii un'altra. Il gatto nero era ancora sul pianoforte. Non c'era molta luce in quella direzione e qualcosa sicuramente si muoveva sopra la tastiera. Forse un quarto gatto.

....SINTONIZZAZIONE 96%

"Noi avevamo un cavallo una volta."
"Ah sì?"
"Sì. E avremmo tanto voluto un figlio."

....SINTONIZZAZIONE 98%

Non staccavo lo sguardo dal pianoforte.
Poi, le note cominciarono ad essere intonate.
Qualcuno stava suonando.

SINTONIZZAZIONE 100%


Pieter Bruegel, 1563

martedì 13 ottobre 2015

il Cliente aveva sempre ragione

Mi si rompe l'aspirapolvere e per fortuna è in garanzia, una garanzia che prevedere un rimborso parziale. Vado al negozio, mostro le carte e l'addetta ai rimborsi (con aria affranta, capirò solo dopo perché) mi fa: "Va bene, aspetta qui. Anzi per guadagnare tempo vai al reparto aspirapolveri e mostra loro che non funziona."

A parte l'abbandono immediato del 'Lei' che non mi offende, ma che denota quasi sempre poca professionalità (e così sarà) mi ha sorpreso il fatto che mi si chieda di dimostrare che quanto dico sia vero. Sorvoliamo sul fatto che il CLIENTE (cioé io) abbia sempre ragione, ma se poi mi chiedete numero di scarpe, fedina penale e 730 che senso ha dubitare?

"Guardi vengo proprio adesso dal reparto aspirapolveri, mi hanno detto che tanto loro non la provano e di venire direttamente qui da lei."
"Ah ok, aspetta un momento allora."



Intanto si accumula gente al bancone. Non so per quale strana logica hanno messo un display con i numeri da servire senza l'erogatore dei numeri. E infatti un paio di persone mi chiedono dell'erogatore. "Guardi credo facciano a spanne, forse il secondo che capita a tiro."

Passano dieci minuti e l'addetta non mi si copre proprio più. Faccio cenno col braccio, ma l'abilità oculare nel non guardarmi è da professionisti. Così mi rivolgo a una delle due colleghe che cammina autisticamente avanti e indietro con dei fogli in mano. "Scusi, devo ricevere il rimborso per quest'aspirapolvere."
"Perché che cos'ha?" Domanda che sentirò per quattro volte nel giro di un'ora, questa è la terza.
"Non funziona più e fa un rumore molto strano ad un terzo della potenza."
"D'accordo si metta in fila (dieci persone ormai) e la mia collega la servirà."
Rido di gusto. "No guardi, ero in fila. E sto aspettando la sua collega che sta però servendo tutti gli altri."

La ragazza rimane basita. Si avvicina all'imputato (che chiameremo Automa Non Programmato), parlano in uno strano idioma venusiano e poi si salutano come farebbero i Klingon.

"Guardi si accomodi che adesso la mia collega arriva." E mi indica una sedia dietro al bancone. Praticamente era come stare in punizione dietro la lavagna.

Attendo dieci minuti. Nulla.
E proprio mentre mi convincevo sempre più a cercare il Direttore arriva Automa Non Programmato.

"Allora, che cos'ha quest'aspirapolvere?" Dovevo aspettarmelo. Le spiego quello che le avevo già spiegato. Ma lo faccio in venusiano.
"Va bene, ma hai lo scontrino?"
(nooo, vengo qui sulla fede) "Eccolo."

Lo guarda, lo gira. Lo riguarda, lo rigira. "Ma che cacchio!"
"Che succede?"
"Non si legge la transazione!!"
Guarda se questi non s'inventano una balla per non sganciare i liquidi.
"E' un problema?"
"Beh ma non si legge niente! Certo che è un problema!"
"Mi scusi, intendevo...è un problema mio?"
"Ma non hai fatto una fotocopia di questo scontrino?"
(certo, faccio sempre fotocopie degli scontrini appena torno a casa) "Ma perché si leggerebbe meglio la transazione su una fotocopia?"
"Ma hai almeno la carta cliente?"
"Sì."




Intanto che procediamo comincia il questionario.... "Nome? Cognome? Codice Fiscale? Data di nascita? Fai uso di droghe? Hai mai lavorato fuori degli Stati Uniti?"
"Ma siamo in Italia!"
"Ah no scusa...codice reparto aspirapolveri?"
"Chiede a me?"

Si gira e chiama la collega pascolante. Andava avanti e indietro con delle Mentos in mano, ne offre una ad Automa Non Programmato, a me nulla. Sono il nemico. Non trovano il codice sullo scontrino, anzi lo trovano ma erano solo le iniziali del prodotto. Chiamano una terza collega, intanto al bancone sono in quindici. Avrei tanto voluto far loro una foto, ma avrei certamente detto addio al rimborso.

"Guarda qua..." Fa una indicando lo schermo.
"Clicca."
"Gestione sinistri."
"Fai avanti..."
"No abbiamo sbagliato, dovevi cliccare ANNULLA."
"Tasto destro? Niente. Vabbé io stacco."
"Ma ci sono venti persone..."
"Eh....aspettano."

"Allora..." Mi fa Automa. "Dobbiamo reinserire i dati. "Roma, Via...? Numero di auto? Ma questo è lei?" Mi chiede indicando la patente.

"EH NO CAZZO!"




p.s.
per la cronaca, ricevo il mio rimborso dopo un'ora e dieci minuti....molti astanti al bancone hanno desistito dal cambiare prodotto e se lo sono tenuto anche se non gli serviva a nulla, Mentos è andata veramente in pausa pranzo, mentre Automa mi ha congedato con un

"merda...." non aveva salvato la pratica




complimenti al direttore del negozio

p.p.s.
"indirizzo email?"
"bla bla gmail.com"
"e la chiocciola dov'è?"

(eh... da mò che se n'è andata)

venerdì 9 ottobre 2015

La morale della Santa Sede

Scrive l'Osservatore Romano:

"Nelle analisi compiute dagli organi di informazione italiani, si nota la pressoché inedita unanimità nel considerare come inevitabile l'epilogo al quale si è giunti. Marino è caduto sotto i colpi di un'inesorabile serie di episodi che, a seconda dei casi, sono stati quanto meno qualificati come gaffes, gesti francamente inopportuni o superficialità. Lo stesso Renzi era intervenuto nei mesi scorsi per sollecitare un cambio di passo e cominciare a ricostruire: 'È onesto, aveva detto il presidente del Consiglio riferendosi a Marino, ma ora deve governare'. Perché ora la capitale a meno di due mesi dall'inizio del Giubileo, ha la certezza solo delle proprie macerie."


Beh, non era difficile pronosticare le macerie di questa città, semplicemente perché già c'erano. Roma è una città in cui viene proclamato un Giubileo per lo stesso anno in corso, nonostante fosse a tutti palese che i trasporti pubblici mancassero di efficienza ormai da anni, così come la raccolta dei rifiuti e l'accoglienza dei pellegrini. Ma in fondo, detto da chi vive in uno stato all'interno dello stato con mura alte venti metri e che può permettersi di non pagare né la tassa sugli immobili né quella sulla spazzatura, ignorarlo è del tutto lecito.





sabato 3 ottobre 2015

Lezione numero 4

corsia geriatrica, prima di cominciare l'allenamento mi guardano tutti e cinque e mi fanno
"tu sei nuovo?"
"si ma sono già venuto altre volte" insomma metto mano alla fondina della mia katana, non si sa mai
"così giovane...vuoi cominciare tu per primo?"
"oh no tranquilli, io ancora mi devo riscaldare, vi seguirò con calma oggi"

un signore sui 65 fa da apripista, alto più o meno un metro e settanta per il doppio del mio peso.
parte che è una bellezza, elegante, sicuro, attentissimo al cronometro

lo chiameremo "il panza", segue uno spilungone di due metri sui 55 anni, quattro bracciate ed è arrivato, e lui infatti sarà "il Quattro bracciate", al cancelletto di partenza c'è un 70enne indefinito e in questa breve storia sarà ricordato infatti come "l'indefinito", mi concede di passare, parto.

a seguire donna sessantenne che chiameremo "il nemico" e il solito 70enne che segue a ruota libera.
lui è "il matusa"



RIEPILOGO
in corsia conduce il panza, seguito da Quattro bracciate poi ci sono io, "il nuovo", tallonato dal nemico, tallonato a sua volta dal matusa e per finire l'indefinito che fa il gioco sporco

giusto per specificare, il panza se l'è sempre comandata, non ha mai arrancato, nè mai sbagliato una ripartenza

come al solito verso la trentesima vasca il sangue comincia a salutare la mia testa e devo fare uno sforzo maggiore per ricordarmi dell'esercizio che avevo cominciato venti metri prima, ma oggi c'era il coefficiente difficoltà, ovvero il nemico....

"allora fate 100 stile a due minuti poi 100 misti a due e mezzo, 75 stile a uno e quaranta e 50 rana a 1 minuto, il tutto per due volte"
in corsia recepiamo le direttive del maestro come un vero e proprio reparto di geriatria


"allora....ha detto a due minuti ok?" il Quattro bracciate è rivolto verso il panza che guarda il soffitto alla Verdone come per ricordare la data della presa della Bastiglia, poi il Quattro continua "due minuti a stile, poi due minuti misti"

"no stile sono due e mezzo, poi misti per due minuti" fa il matusa nel suo linguaggio (porta la dentiera)

alché osservo, manco fossi Rosolino "come fa a essere di meno a misti? ha detto 100 stile a due e 100 misti a due e mezzo"

"sì, per due volte" mi spalleggia il matusa senza interpellare prima il suo fisico

"e poi com'era?" il nemico vacilla, il panza guarda sempre il soffitto e capisco solo ora che stava invece memorizzando il tutto...il Quattro bracciate ripete ad alta voce "poi 50 rana a un minuto e...."

"c'era un 75" fa il nemico
"sì, un 75 stile a uno e venti" ribadisce il matusa perfettamente sereno
"uno e quaranta..." lo correggo

insomma, mentre in corsia uno stanno per partire con la seconda sessione, noi ci appropinquiamo con la prima

l'indefinito abbandona di soppiatto, mentre il matusa cambia corsia dopo quattro vasche, forse i conti non gli tornavano oppure eravamo davvero troppo lenti

rimaniamo io, il nemico, il panza e il quattro bracciate che in una vasca fa il gradasso e la termina in tre...poi a ogni giro, il nemico mi fa "adesso com'è?"
"adesso sono tre vasche a stile in un minuto e 40!"
"ok"
e dopo tre vasche... "mi sono persa il conto, adesso?"
"cinquanta rana in un minuto"
"ok"

intanto il panza spingeva che era una bellezza, le sue ripartenze sembravano più una sessione di nuoto sincronizzato, instancabile, cominciava a mandarci messaggi a metà vasca "STO PER DOPPIARVI FEMMINUCCE"

intanto il nemico puntuale "adesso che dobbiamo fare?"
"come prima, un'altra sessione, 100 stile, 100 misti, 75 stile, 50 rana"
"ah ok, ma adesso che facciamo?"
(rifletto...ma mi sta prendendo in giro?) "partiamo con quattro vasche a stile ok?"
"ok"
partiamo.
intanto a bordo vasca il panza aveva lasciato dei pizzini anonimi "VI ASFALTO"
mentre il suo braccio destro cercava di terminare una sola vasca in due bracciate.
non ci riuscirà.

"e adesso?"
adesso ti ficco in bocca il galleggiante, stacco questo cordolo e ti lego come una salsiccia penso, quando mi accorgo che il panza ci doppia.
segue a ruota il quattro bracciate.

ecco hai visto? ma.....
ma il nemico era partita senza rispettare il cronometro, e soprattutto.... il mio turno.

arranco per le ultime otto vasche dietro al nemico e quando mi fermo il maestro stava già dando istruzioni per il prossimo esercizio anzi, aveva già finito

parte il panza, parte il Quattro, fermo a stento il nemico "scusa che dobbiamo fare adesso?"
"senti il maestro" e si tuffa sott'acqua subito dietro al Quattro.

bottana.