venerdì 20 novembre 2015

Il ritorno di Steven Seagal

Sicuramente il pericolo c'è, ma se ne aggiunge un altro che m'incute altrettanto timore; la reazione della gente....
In questi giorni a Roma sembra di stare ormai sul set di un film. In questa conversazione pare quasi di sentire Steven Seagal che parla sotto copertura nelle vesti di mamma segreta:

"Ascolta amore, prendi tutta la merenda, il diario, il miominipony e portatelo sotto al letto, e non uscire da lì per nessun motivo... a quello della caldaia ci penso io, papà sta facendo parlare l'idraulico."
"Ma mammaaaa!!" (pianto isterico finto che se la ride dietro la cornetta con le amiche)
"No amore. Non è il momento di frignare, sei tu la donna di casa adesso. Io devo capire dove sono. Perché sono lì, da qualche parte. lo so."


martedì 17 novembre 2015

Un posto migliore

si discute se rinviare o meno il giubileo, se farlo in primavera, tra un anno, tra due...ma siamo sempre là, quanti di noi presi singolarmente hanno bisogno di queste scemenze? facciamo cose che altri ci impongono di fare, ci allineiamo alla massa annichilendo il nostro io pensante, castriamo la nostra voglia di vivere assoggettandoci a cose che non ci va di fare

giubileo o no il miglior attacco non è una risposta bellica, ma un virus, il virus della libertà, libertà di camminare con le proprie gambe e ragionare con la propria testa, un virus che nessun giubileo sarebbe capace di produrre e nessun vicario di dio sarebbe in grado di promuovere

il primo passo verso l'evoluzione è abbandonare tutti gli intermediari tra noi e la libertà di Essere, tra noi e il diritto di creare una vita degna di questo nome, quando tutti gli uomini scopriranno di non avere bisogno di stampelle religiose, allora saremo in grado d'interpretare il mondo per quello che è, un posto migliore


martedì 10 novembre 2015

Mondi paralleli

mi concentrai. aguzzai la vista ed entrai in un mondo parallelo. cominciai a vedere città perfettamente organizzate, vegetazione che cresceva dove nemmeno la nostra civiltà avrebbe mai osato farla crescere, esseri che si muovevano a destra e manca in spazi che a noi sembrerebbero fin troppo angusti, ma che loro sfruttavano con grande sapienza. vidi persino oggetti volanti innalzarsi sino al cielo silenti e strane luci dalle quali sgorgava acqua per tutti.

poi richiusi il Philadelphia e controllai la data di scadenza. 
23 agosto 2012.





domenica 8 novembre 2015

Aperitivo a Roma (Prati)

Owlchips - Via Cola di Rienzo 
Il Catanese - Via Lucrezio Caro


Il Catanese - Via Lucrezio Caro

sabato 7 novembre 2015

James Bond - Spectre

Se il penultimo Bond (Skyfall) è stato un successo, anche musicale, questo 007 in versione La Piovra stenta a decollare. Parte sicuramente in quarta con un lungo piano sequenza a Città del Messico. Ottime musiche, ottime scene. Ma già dall'inizio vediamo un Daniel Craig piuttosto svogliato, come ne avesse un pò troppo di recitare la parte dell'agente segreto più famoso di sempre. E infatti dalle sue ultime dichiarazioni capiamo di non essere troppo lontani dalla verità.

Dopo Città del Messico passiamo a Roma con la famosa corsa sul Tevere...



...tuttavia qui ci aspettavamo qualcosa di meglio di una macchina da 3 milioni di dollari buttata nel fiume. Carino l'atterraggio di Bond nei pressi di Piazza Trilussa.

Ma è impossibile lasciare Roma senza menzionare il primo vero strafalcione del film: la sceneggiatura insensata di Lucia Sciarra, alias Monica Bellucci, nonché il suo ormai tristemente famoso doppiaggio. Per chi ne avesse avuto un assaggio in Matrix 3 beh....non è cambiato nulla.
Un flirt con la diva nostrana che non convince, qualche ruga di troppo e soprattutto una capacità recitativa che non giustifica la fama della Bellucci:

"Non sembri addolorata della morte di tuo marito...." Fa Bond e a ben guardare, non è certo per la sceneggiatura gli suggeriamo noi.

Si cambia set, ci troviamo in Austria. Se il cattivo della saga una volta aveva la dentiera di ferro adesso sono le sue unghie ad essere di ferro. Bond continua ad essere depresso, gli amori molto freddi e sinceramente non capiamo il confine tra la routine del lavoro da agente segreto e quella dell'interpretare sempre lo stesso ruolo. Ed è Léa Seydoux sul treno di Tangeri a farcelo capire:

"Cosa succederebbe se smettessi di fare questo lavoro?"

Il riferimento al ruolo di Bond è per Daniel fin troppo scontato.

"Mi fermerei." Risponde 007.
"No, c'è sempre un'altra possibilità."

Speriamo sia profetico per la sua carriera.


E ci spostiamo a Londra, poi nel deserto, poi di nuovo a Londra. Questo film ricorda molto Goldfinger, ma a parte la "novità" della scena iniziale dell'elicottero e del lungo piano sequenza, ci sono troppi elementi che non faranno assurgere a titolo di memorabile quest'ennesima pellicola di Bond.

In fondo crediamo sia giunto il momento anche per 007 di rinnovarsi e questo film è stata l'ennesima occasione persa per farlo.

sabato 31 ottobre 2015

Margin Call - Una cagata pazzesca

Margin Call, 2011 - photo via Imdb.com


Se volete farvi un regalo optate per la corazzata Potëmkin e la serata vi andrà meglio. Altrimenti dovrete confrontarvi con la più banale opera cinematografica che Manhatthan abbia mai conosciuto.
Dalle commedie, ai legal drama, agli action movies. Nessuno è mai riuscito in questa missione. Questo è un film che dovrebbero farlo vedere prima de La Storia Infinita perché qui ci troviamo veramente di fronte al NULLA di Michael Ende.

E per mettere insieme una storia così banale hanno chiamato niente meno che Jeremy Irons, Demi Moore e Kevin Spacey dicendogli qualcosa del tipo: "Ok, sapete recitare. Ma sapete farlo senza sceneggiatura?" Sarà stato un esperimento didattico, chi può dirlo. Ma la risposta è tutta in questo film. Difficilmente si sarebbe potuto fare di peggio, perché difficilmente quello che vediamo all'inizio è la stessa cosa che il regista ripropone per tutto il film. Eppure qui succede, col risultato che diventa peggio di un film senza senso. Sceneggiature lasciate a metà (tra cui ovviamente anche la fine) e trama che quando potrebbe cominciare a svilupparsi viene invece inspiegabilmente interrotta. Vogliamo credere che il leit motif sia sempre quello; "dall'inizio alla fine la stessa solfa". Personaggi il cui carattere non viene gestito, le cui battute sembrano scritte ma non dette, un Kevin Spacey che fa di tutto per non pensare "oddio, ma questi mi pagano pure?" e una Demi Moore che sembra chiedergli "ma veramente devo dire soltanto questo?"


LA TRAMA
La storia parla di una società di trading in cui improvvisamente uno dei broker scopre una falla nell'algoritmo; vale a dire l'impossibilità di vendere a un valore superiore quanto acquistato in precedenza dalla sua stessa società (e chiaramente anche da lui). Insomma il mestiere del trader con un "problemuccio" da risolvere. 

Purtroppo per voi però, è finita qua.

Per tutto il film non si assisterà ad altro che al cazziatone di Jeremy Irons, il boss dei boss e alla svendita delle azioni/mutui incriminati:

"Spiegamelo come se lo dovessi spiegare a un golden retriever" Praticamente si è dato del cane da solo e continua nella sua esaltazione di homo sapiens: 

"Se sono qua (n.d.r. se sono il capo dei capi dei capi) non è grazie al mio cervello." ...e così via


Perciò, dopo la riunione di emergenza fatta a seguito di questa scoperta, tutto verrà liquidato il più in fretta possibile. E fine della storia. Nessun inghippo, nessun doppio gioco, nessun omicidio, suicidio, tentativo di furto, nessuna azione legale, nessuna scalata, nessun colpo di scena. Si obietterà, ma è così che è andata nel 2008! 

No, credere che sia andata così è un insulto all'intelligenza.

E non posso concludere senza menzionare l'unico barlume di regia degno di nota (forse qualcuno ha approfittato dell'assenza del regista) quale il dolore di Kevin Spacey di fronte alla morte del suo cane piuttosto che di fronte all'immenso crack finanziario che il film ha la pretesa di raccontarci. 



martedì 27 ottobre 2015

WALKING DEAD in 45 minuti

ATTENZIONE, SPOILER 
non leggere senza aver visto le prime tre puntate della sesta stagione


Cominciamo col dire che la sesta stagione ha un plot davvero ben fatto. Come nel resto della serie, le puntate non lasciano a bocca asciutta, ma la vera differenza è che tutto è in ballo da tre puntate e certamente lo sarà anche per la quarta.

Il crescendo ha inizio col dettaglio culinario di Carol, un timer settato sui 45 minuti. Ed è quello più o meno il tempo durante il quale vivremo il clou di quest'inizio di stagione. I veri walkers non sono i morti che tornano, ma i vivi che rimangono e la serie non si stancherà mai di farlo presente anzi, è il vero filone narrativo. Le scene degli zombie sono ormai diventate inutili, un corollario, non fanno paura nemmeno se ci credessimo. Un walker che uccide un vivente o una mandria di walkers che avanza verso i nostri, è ormai più che una routine, è la lenta agonia che dobbiamo sorbirci pur di seguire la sceneggiatura (la sopravvivenza dell'uomo in uno scenario post apocalittico), dove ci rendiamo finalmente conto delle basi della nostra stessa società, sopite in noi perché mai veramente conosciute.

A questo proposito è lampante il dialogo tra Rick e Deanna su come si risolvono i problemi. Da una parte la scelta apparentemente drastica di lui e da un lato la scelta apparentemente civile di lei. Lui è mosso da una conoscenza 'superiore', ha vissuto fuori in mezzo ai walkers e Michonne lo ricorda ad Heath durante la terza puntata

"Hai mai ucciso delle persone perché avevano già ucciso i tuoi amici?"
"Hai mai fatto delle cose che poi ti hanno fatto avere paura di te stesso?"
"Sei mai stato coperto da così tanto sangue che non sapevi se fosse tuo, dei walkers o dei tuoi amici?"

ma soprattutto

"Rick ha detto quello che ha detto perché a volte non si ha una scelta"

ed è di scelte che per molto tempo ci ha parlato Walking Dead, ricordiamo soltanto la principale: "aiutare e perder tempo o fuggire e risparmiare tempo?" basti pensare a quanti personaggi nell'arco delle prime cinque stagioni si sono trovati ad optare per la seconda e hanno dovuto fare poi i conti la stessa. Allora, che cosa scegliere? Certamente chi sceglie di sopravvivere per puro egoismo soccomberà, soprattutto se lo fa mettendo di proposito o gratuitamente i propri amici in difficoltà.



Dal canto suo Deanna invece gioca ancora a fare il politico in un teatro (la cittadina di Alexandria) che non li proteggerà a lungo. La civiltà sulla quale poggiano le sue scelte non può prescindere da una realtà che adesso non esiste più. E questo non riuscirà a capirlo fino a quando non le morirà il marito.

Ma torniamo al dolcetto che Carol ha messo in forno, sarà pronto quando tutto sarà finito e questo è un dettaglio cinematografico degno del grande schermo. Walking Dead parla di zombie e questi abbiamo capito non essere più i morti viventi quanto piuttosto gli uomini, capaci di uccidersi l'un l'altro pur di sopravvivere, capaci di impazzire e di uccidere gratuitamente, senza alcun motivo. Siamo in un aftermath epidemico, le regole della società civile sono tornate quelle dei primi uomini e le circostanze non permettono più di trastullarsi con le soporifere amenità che la civilizzazione ci ha dato. Lo vediamo infatti con Rick, che dopo aver fatto a pugni con Pete, rimane per l'ennesima volta attonito di fronte alle "serene" attività dei cittadini di Alexandria, come se non fosse mai successo niente. La tanto decantata Sostenibilità di questa cittadina, sponsorizzata dai cartelloni pubblicitari lungo la strada, diventa ormai "insostenibile" per Rick. Pete è infatti il violento che la nostra società può permettersi di avere e che anche Alexandria è disposta a tenersi. Ma non c'è più spazio per la Sostenibilità, non c'è più spazio per gente come Pete, ci sono cose che hanno la precedenza e Rick lo ha sempre saputo, Carol lo ha sempre saputo, così come pure Michonne e Daryl.

D'accordo ci hanno provato, hanno ripreso fiato. Ma Carol con le pistole è ormai più svelta di Clint Eastwood (non dimentichiamoci il suo poncho a Terminus) ed è più spietata di Rambo, tuttavia adesso fa biscotti per il vicinato. Rick si è persino rimesso la giacca da sceriffo con tanto di cravatta ben allacciata. Se questo non vuol dire crederci.

Ma è la coscienza a guidare il gruppo e tutti loro lo sanno.
Persino Carl lo dice al padre come in un dialogo con sé stesso: "loro sono deboli"

Tant'è che Deanna è brava a fare il leader con i problemi della vecchia società. Quando però spuntano i problemi di quelli nuova, ormai primordiale, la realtà dei fatti (la brutale e improvvisa uccisione del marito) minerà la sua leadership e la ridurrà a un breve passaggio di consegne per Rick...

"fallo" (vendica mio marito, ora, con tanti saluti alla civiltà)

e questo decreta il vero 'confine' della cittadina, il definitivo punto di rottura di Alexandria; non c'è spazio per l'indulgenza quando già il mondo (apocalittico) non ti darà una seconda possibilità.

Da lì a poco, durante il tempo di un dolcetto, l'assalto (in)umano ad Alexandria è il più vero degli attacchi dei 'walkers', walkers che sono tutto fuorché zombie. La comunità viene abbattuta come un essere vivente inerme, ingenuo e solo temporaneamente fortunato.

Fortuna che non accompagnerà nemmeno Glenn che ci lascia durante la terza puntata, ma sia la sua morte sia l'intera puntata sono già tornati ad un livello più standard per i ritmi della prima e seconda puntata.

E infatti si parla di zombie, quelli morti.





venerdì 16 ottobre 2015

#AfricaExtreme

Partirò da Zanzibar nuotando nell’Oceano Indiano per 50 chilometri senza sosta (entro 24 ore) fino a Bagamoyo. Da lì, attraverso la savana, percorrerò di corsa 1.200 chilometri in 27 giorni, in pratica una maratona al giorno. Raggiunte le pendici del Kilimanjaro (1.600 mt) salirò da un versante fino alla vetta (5.895 mt) senza l’ausilio di campi intermedi, senza ossigeno e portatori, per poi ridiscendere dall’altro versante, entro le 24 ore.

No tranquilli non sono io (che al massimo partirò dal bar camminando fino al ristorante indiano per cinque chilometri e con qualche sosta) ma è Danilo Callegari, esploratore ed amante di sport estremi che in questi giorni sta facendo in solitaria la sua ennesima prova di resistenza sia fisica che psicologica in Tanzania.


foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com
foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com

foto by danilocallegari.com


Ed è proprio la prova psicologica ad essere probabilmente la più difficile perché oltre al mare mosso, agli squali e ai problemi fisici dovuti allo sforzo (piaghe, tendiniti) ci si è messo anche il fattore locale.

Racconta infatti quanto avvenuto durante la terza maratona...

"Giornata complicata questa di oggi sia per quanto riguarda la sicurezza che per il mio stato di salute.
Eravamo nel bel mezzo di una zona semi-montuosa con qualche villaggio disperso e tutto attorno savana e piante bruciate dal fuco dei locali per crearsi il carbone.

Ho preso l'iniziativa di mandare avanti il fuoristrada con la squadra a bordo di 5 km per facilitare la mia mente a raggiungere il punto dato che fino a quel momento l'ho sempre avuto attaccato dietro.
Ero quindi solo, quando un uomo adulto con faccia poco raccomandabile e occhi ripieni di sangue, mi ha passato in sella ad una moto squadrandomi da testa a piedi, tornando indietro dopo soli cento metri, risquadrandomi in un modo che non mi era affatto piaciuto. Ecco quindi la mia decisione di togliere l'orologio dal polso e infilarmi dentro dei cespugli mimetizzandomi al meglio in attesa di un suo ritorno per concludere l'opera. E così è stato. Due moto una con lui e l'altra con altri due uomini
armati di machete. Vedevo che mi cercavano ma non mi hanno beccato e se ne sono tornati indietro.

Ho preferito rischiare l'incontro con un serpente, un ragno o un insetto pericoloso tra quei cespugli piuttosto che finire sotto le mani di certi individui. Raggiunto il fuoristrada e tempo di raccontare l'accaduto che altre tre moto con tipi che brandivano machete ci hanno raggiunti e vista la mal parata, anche il nostro autista ha deciso che era meglio andarsene via. Sono quindi salito in jeep e una volta usciti dalla zona pericolosa, ho ripreso la mia corsa."


foto di Lorenzo Santin

Il picco insulinico

entro in vasca e il più giovane dei due mi fa
"quanti anni hai?"
"35"
"pensa che io ne ho 25 più di te" (che tradotto significa "te sdrumo")
e sorride all'amico, un simpatico vecchietto che si aggiusta la cuffia e gli occhiali, poi ritorna sull'argomento... "potresti essere mio figlio" (che tradotto significa, non farti il bagno se hai appena mangiato, piccolo poppante)
l'amico se la ride di gusto e rincara la dose "beh nel mio caso, potrebbe essere mio nipote!" e giù a ridere di nuovo

bene, tutta la lezione è proseguita con questi due giovanotti che nuotavano a delfino e con me che mi trascinavo come un barracuda ferito a causa dei maledetti zuccheri che mi sono strafogato alla macchinetta

foto by cibo360.it

"quante ne mancano?" mi chiede il nonno e ormai, come sempre dopo 1.5 km a quei ritmi, non capivo più nulla "abbiamo finito Giovà! erano 3 da 100 + 3 da 75"
"ma quello era l'esercizio precedente!" e scuote la testa "queste sono quattro serie da 100, due stile e due gambe!"
nonno Giovanni aveva ragione, ma soprattutto aveva ancora fiato per parlare.
finisco in bellezza con una bella testata a bordo vasca, credo stessi dormendo ormai...o roba simile.


giovedì 15 ottobre 2015

Il Ragionier Filini

Prendete il viso di Filini, prendete gli occhiali di Filini, insomma prendete Filini....bene, sotto metteteci un palestrato body builder e condite il tutto con i movimenti di un Troll in un negozio di cristalleria.

Ma non è finita, aggiungete una vocina acuta e un paio di tic nervosi ed avrete il quadro perfetto di chi mi ha servito oggi in banca.


"Che deve fare?"
"Sì buongiorno, la mia carta è scaduta."
"Mi facci vedere." Giuro, come Filippo il giornalista. Alché lui la guarda, poi guarda me in silenzio. Temevo di farlo lavorare, e infatti era lì lì per dirmi "Lei è un pazzo, un facinoroso. Noi queste cose non le facciamo, potrebbe beccarci la finanza. Deve rivolgersi direttamente alla casa madre, dove progettano i microchip di queste carte." Quando invece "..ok vediamo che cosa si può fare, in effetti non so se oggi gli applicativi....forse..." Occhi al soffitto, sembrava andare a memoria, anzi sentivo proprio i neuroni svuotarsi il pappagallo e infilarsi tuta e scarpe da ginnastica per pedalare. "Forse Gesta, se poi entro in NOROS e inserisco i dati dal gestionale...allora..." Ma squilla il telefono. Un amico. O un collega. O un cliente. Difficile stabilirlo. Stava per chiudere quando gli fa: "Ah ma sentimpò...ma che per caso sai come si cambiano queste nuove carte?" Segue battuta volgare sul proprio datore di lavoro e incitamento alla rivoluzione sindacale. Considerate pure che la mia banca, come quasi tutte ormai, non ha più i classici sportelli user friendly alti due metri, ma delle scrivanie sparse qua e là. Questo solo per dire che per tutto il tempo che è stato al telefono, io e altri due clienti ci siamo dovuti sorbire il suo delicato quanto elegante smucinamento di palle. Ma non c'è da stupirsi, è il modo che usa il romano medio per concentrarsi. In senso orario riflette sul da farsi, in senso antiorario avvolge la bobina e dunque cerca di ricordarsi le cose.

"Ho capito, vabbeh, seh, seh....seh, su NOROS, occhei ciao. Allora, mi dii documento e numero di conto. Signori dopo il signore questo sportello chiude."

Troppa fatica per oggi.