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martedì 31 ottobre 2017

Roma - Chelsea



Ore 20.34 suonano al citofono.
Cribbio penso, saranno mica i ragazzini di Halloween?
"Sì chi è?"
"Siamo i testimoni di Genova."
La voce non mi convince, e nemmeno il fatto che fossero di Genova. "Prego lasciate pure la bibbia nella cassetta della pubblicità grazie."
"Ma signore, la prego. Dio si ricorderà che lei ci ha rifiutati!"
Ci penso su, in effetti Dio mi serviva ancora per un paio di cose. "Ok salite."

Suonano alla porta.
"Sì chi è?"
"Siamo i ragazzini di Halloween."
"E i testimoni di Genova?"
"Quello era lo scherzetto."
Apro la porta, e nell'ordine mi trovo Frankenstein, Rick Grimes, Dracula e Kevin Spacey. In quattro non facevano la mia età.
"Ok ok me l'avete fatta bravi, adesso però tornate a casa che c'è Roma-Chelsea."
Nessuna reazione.
"...a casa bimbi, c'è Roma-Chelsea!"
Ma ancora nessuna reazione.
"Allora? Che vi prende?"
"Eh ma noi siamo della Lazio."
"Ah."
"E tu ci devi dei dolcetti."
"Ahhh. Ma per fare la pubblicità che più ne mettete, per quali dolcetti della tradizione?"
"Eh?"
"Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr."

E chiudo la porta soddisfatto.


venerdì 29 settembre 2017

La Torre Bianca

"Da una botola a pavimento si intravedono tracce di una più antica costruzione, in materiale diverso dal resto della torre. L’aspetto attuale della costruzione è quello assunto in funzione all’utilizzo militare agli inizi dell’800, durante l’occupazione inglese." 

Come raccontarvi quei momenti in cui ad undici anni, con in mano una candela e un amico al mio fianco, aprimmo quella botola per scendere nei sotterranei di questa vecchia Torre?

Credits: torrefaro.it


Quello che vedemmo là sotto non lo scorderemo mai, compresa la fuga a gambe levate verso la spiaggia!

E in questa fuga devo raccontarvi una cosa. Per entrare nella Torre passammo attraverso alcune inferriate che trovammo divelte e arrugginite. Così che per uscire il passaggio era obbligato e sempre lo stesso. Il mio amico Lillo uscì per primo in tutta fretta e con qualche difficoltà. Io per secondo. Ma la maglietta mi rimase impigliata nelle inferriate. Tanto che quella cosa ebbe tutto il tempo di salire al pian terreno. Ero quasi fuori, ma nell'uscire la gamba mi tagliai dietro al ginocchio. Ero spaventato a morte. Poi guardai le scale che portavano dentro la Torre. E lo vidi.

Era un simpatico topo di campagna.
Ed era l'assistente della Cosa.


(Nel mio prossimo romanzo vi racconterò tutto!)


martedì 27 ottobre 2015

WALKING DEAD in 45 minuti

ATTENZIONE, SPOILER 
non leggere senza aver visto le prime tre puntate della sesta stagione


Cominciamo col dire che la sesta stagione ha un plot davvero ben fatto. Come nel resto della serie, le puntate non lasciano a bocca asciutta, ma la vera differenza è che tutto è in ballo da tre puntate e certamente lo sarà anche per la quarta.

Il crescendo ha inizio col dettaglio culinario di Carol, un timer settato sui 45 minuti. Ed è quello più o meno il tempo durante il quale vivremo il clou di quest'inizio di stagione. I veri walkers non sono i morti che tornano, ma i vivi che rimangono e la serie non si stancherà mai di farlo presente anzi, è il vero filone narrativo. Le scene degli zombie sono ormai diventate inutili, un corollario, non fanno paura nemmeno se ci credessimo. Un walker che uccide un vivente o una mandria di walkers che avanza verso i nostri, è ormai più che una routine, è la lenta agonia che dobbiamo sorbirci pur di seguire la sceneggiatura (la sopravvivenza dell'uomo in uno scenario post apocalittico), dove ci rendiamo finalmente conto delle basi della nostra stessa società, sopite in noi perché mai veramente conosciute.

A questo proposito è lampante il dialogo tra Rick e Deanna su come si risolvono i problemi. Da una parte la scelta apparentemente drastica di lui e da un lato la scelta apparentemente civile di lei. Lui è mosso da una conoscenza 'superiore', ha vissuto fuori in mezzo ai walkers e Michonne lo ricorda ad Heath durante la terza puntata

"Hai mai ucciso delle persone perché avevano già ucciso i tuoi amici?"
"Hai mai fatto delle cose che poi ti hanno fatto avere paura di te stesso?"
"Sei mai stato coperto da così tanto sangue che non sapevi se fosse tuo, dei walkers o dei tuoi amici?"

ma soprattutto

"Rick ha detto quello che ha detto perché a volte non si ha una scelta"

ed è di scelte che per molto tempo ci ha parlato Walking Dead, ricordiamo soltanto la principale: "aiutare e perder tempo o fuggire e risparmiare tempo?" basti pensare a quanti personaggi nell'arco delle prime cinque stagioni si sono trovati ad optare per la seconda e hanno dovuto fare poi i conti la stessa. Allora, che cosa scegliere? Certamente chi sceglie di sopravvivere per puro egoismo soccomberà, soprattutto se lo fa mettendo di proposito o gratuitamente i propri amici in difficoltà.



Dal canto suo Deanna invece gioca ancora a fare il politico in un teatro (la cittadina di Alexandria) che non li proteggerà a lungo. La civiltà sulla quale poggiano le sue scelte non può prescindere da una realtà che adesso non esiste più. E questo non riuscirà a capirlo fino a quando non le morirà il marito.

Ma torniamo al dolcetto che Carol ha messo in forno, sarà pronto quando tutto sarà finito e questo è un dettaglio cinematografico degno del grande schermo. Walking Dead parla di zombie e questi abbiamo capito non essere più i morti viventi quanto piuttosto gli uomini, capaci di uccidersi l'un l'altro pur di sopravvivere, capaci di impazzire e di uccidere gratuitamente, senza alcun motivo. Siamo in un aftermath epidemico, le regole della società civile sono tornate quelle dei primi uomini e le circostanze non permettono più di trastullarsi con le soporifere amenità che la civilizzazione ci ha dato. Lo vediamo infatti con Rick, che dopo aver fatto a pugni con Pete, rimane per l'ennesima volta attonito di fronte alle "serene" attività dei cittadini di Alexandria, come se non fosse mai successo niente. La tanto decantata Sostenibilità di questa cittadina, sponsorizzata dai cartelloni pubblicitari lungo la strada, diventa ormai "insostenibile" per Rick. Pete è infatti il violento che la nostra società può permettersi di avere e che anche Alexandria è disposta a tenersi. Ma non c'è più spazio per la Sostenibilità, non c'è più spazio per gente come Pete, ci sono cose che hanno la precedenza e Rick lo ha sempre saputo, Carol lo ha sempre saputo, così come pure Michonne e Daryl.

D'accordo ci hanno provato, hanno ripreso fiato. Ma Carol con le pistole è ormai più svelta di Clint Eastwood (non dimentichiamoci il suo poncho a Terminus) ed è più spietata di Rambo, tuttavia adesso fa biscotti per il vicinato. Rick si è persino rimesso la giacca da sceriffo con tanto di cravatta ben allacciata. Se questo non vuol dire crederci.

Ma è la coscienza a guidare il gruppo e tutti loro lo sanno.
Persino Carl lo dice al padre come in un dialogo con sé stesso: "loro sono deboli"

Tant'è che Deanna è brava a fare il leader con i problemi della vecchia società. Quando però spuntano i problemi di quelli nuova, ormai primordiale, la realtà dei fatti (la brutale e improvvisa uccisione del marito) minerà la sua leadership e la ridurrà a un breve passaggio di consegne per Rick...

"fallo" (vendica mio marito, ora, con tanti saluti alla civiltà)

e questo decreta il vero 'confine' della cittadina, il definitivo punto di rottura di Alexandria; non c'è spazio per l'indulgenza quando già il mondo (apocalittico) non ti darà una seconda possibilità.

Da lì a poco, durante il tempo di un dolcetto, l'assalto (in)umano ad Alexandria è il più vero degli attacchi dei 'walkers', walkers che sono tutto fuorché zombie. La comunità viene abbattuta come un essere vivente inerme, ingenuo e solo temporaneamente fortunato.

Fortuna che non accompagnerà nemmeno Glenn che ci lascia durante la terza puntata, ma sia la sua morte sia l'intera puntata sono già tornati ad un livello più standard per i ritmi della prima e seconda puntata.

E infatti si parla di zombie, quelli morti.





mercoledì 14 ottobre 2015

la Torre di Babele

Mi disse che dopo la pioggia dell'altro giorno non vedeva più i suoi canali preferiti.
"La televisione ha qualche problema. Può aiutarmi giovanotto?"
"Sì, certo."
"Mi segua, allora."

La mia vicina di casa soffre di Alzheimer. Mi avrà incontrato una cinquantina di volte per le scale e ogni volta mi da del lei come se non mi conoscesse. Poi come un rituale mi chiede se abito nel palazzo o se ho animali in casa. E per finire mi racconta la storia di Babele.

Ho sempre pensato che vivesse al piano terra e invece mi sbagliavo. Il piano terra è solo una facciata. Una sorta di iceberg, un termitaio. La vita vera era sotto, sotto al giardino, sotto al palazzo.

"Oh beh, lassù non ci vado quasi mai." Mi fa indicando il suo appartamento al pian terreno. "Io vivo qua sotto, vede?" Ed entriamo in un secondo grande appartamento proprio adiacente ai box. Eravamo passati dal giardino e attraverso una scala a chiocciola eravamo finiti in un chiostrino e poi dentro casa sua.

"Questa è la cucina." Mi fa chiudendo la finestra. "Anche quella è guasta." E mi indica un mobile anni '70 con sopra una piccola televisione a tubo catodico, forse un quindici pollici. Friggeva su un canale tra il grigio e il grigio scuro. Mi guardai attorno. La cucina era sporca, maleodorante e qualsiasi alimento si fosse conservato la dentro sarebbe di certo scaduto nel giro di qualche giorno. Lei adora gli animali, e non stento a credere che in frigo non ne tenesse qualcuno imbalsamato.



L'olezzo di cibo per gatti era nauseabondo, così come quello dei gatti. Probabilmente la cucina serviva solo a loro. Lei ormai è troppo vecchia persino per provare appetito. Sui fornelli c'erano tre piccole padelle bruciate, con dentro del pane bruciato e della carne bruciata. A terra, il gatto arancione si preoccupava della mia presenza, mentre quello nero e senza la coda aveva deciso di mangiare tutto prima che lo facessi io al posto suo. Erano sporchi e rassegnati. Molto più rassegnati di quanto lo fosse Olga.

Ci spostiamo in salone. Il salone del sottoscala. L'odore è ancora forte. Ci sono tre divani e un pianoforte a coda. Tutto in penombra. Fanno luce una televisione a schermo piatto e una lampada accanto al divano. Vestiti e libri sono ovunque. Mi ricorda la clochard che stava accanto alla sinagoga, proprio dietro la camionetta dei carabinieri, probabilmente per sentirsi protetta. Viveva in cinque metri quadri di cianfrusaglie, vestiti, coperte, giornali. E lì dentro, sotto un telone trasparente leggeva il suo giornale come fosse nel salone di casa. Un giornale come quello che era poggiato sul divano, proprio accanto agli occhiali da vista di Olga.



"Quella oggi mi ha lasciato proprio una bella PATATA!"
Pensavo si riferisse alla donna delle pulizie, ma avevo capito male. "Una patata? Chi signora?"
"Come chi? La gatta! Non la vede? Ha cagato proprio qua, sul divano."

Ahhhh. Una cagata. Certo.
Mi dissi che dovevo metterci il minor tempo possibile. La puzza era vomitevole.

"E' suo quel pianoforte?"
"Eh?"
"Il pianoforte! E' suo?"
"E certo, di chi sennò? Sono insegnante di musica."

Intanto controllavo i cavi e avviavo la sintonizzazione automatica dei canali.

"Suona ancora il pianoforte?"
"No, io no. Ma Leo lo fa per me." E sorrise.
Il gatto nero mi guardava di striscio pulendosi i baffi. Camminava lento verso il pianoforte.

"E l'altro gatto come si chiama?"
"Come?"
"L'altro gatto! Come si chiama?"
"Non hanno un nome! A che servirebbe?"
"Non ha detto che quello si chiama Leo?"
"Nient'affatto! Mio marito si chiamava Leo."

Ah.
Il tanfo di cibo per gatti mi arrivò tutto insieme.
La sintonizzazione era al 40%.
Il gatto nero saltò sul pianoforte. Olga intanto si alzava e andava nella stanza accanto.
Mi guardo attorno. Vedo il gatto rossiccio che mangia in cucina. Il gatto nero si era steso sul pianoforte.

"Ecco! Questo è l'altro telecomando." E mi porge un telecomando per anziani con i tasti grandi.
"Non credo che ci serva adesso, ha le stesse funzioni dell'originale."
"Come vuole ragazzo." Poi si gira, e con gli occhi di fuori mi fa... "Si segga!"
Sapevo me lo avrebbe detto. E non era un invito, era un ordine. Guardo il gatto mangiare, l'altro poltrire, e ne entra un terzo dalla camera alle nostre spalle. Penso ai secchioni della mondezza che hanno rovistato in giornata, proprio di fronte al giardino che da sulla strada. Penso alle loro zampette sudice e chissà cos'altro. Su tutti e tre i divani c'è un lenzuolo bianco per proteggerli dalla polvere. Ma non è stato sufficiente per proteggerli dalla PATATA. E mi sembra proprio di vederla, là sul divano, di fronte a me.

Opto per il tavolino di fronte alla televisione e mi siedo.
"Ha quasi finito."
"Ma io non vedo niente!"
"Qualche minuto e si vedrà signora."
"Come dice?"
Sospiro.
Il gatto sul pianoforte comincia a fare le fusa.
Quello rossiccio finisce di leccare la sua ciotola e si accascia davanti alla porta che da sul chiostrino.


"Lei deve sapere una cosa."
"Sì..."
"Tanto tempo fa il Signore fece costruire la cosiddetta Torre di Babele." Col braccio destro gesticolava come per entrare in trance. Erano movimenti automatici che l'aiutavano a ricordare la storia. "E diede a ciascuno di noi una lingua diversa. Ma ne lasciò una comune a tutti. Lei sa qual'è? Me lo dica."
La prima volta risposi l'amore. Ogni volta rispondevo l'amore.
"No! E' la MUSICA."
"Ahhh è vero!"

....SINTONIZZAZIONE 76%

"E sa cosa fece poi il Signore?" Domandò puntando con forza il suo bastone in terra.
"Non lo so, lo ammetto."
"Fece un regalo all'uomo, il regalo più grande!"

Sapevo avrebbe detto il cane. Lo diceva tutte le volte.

"Regalò all'uomo il cane!" Il gatto nero aumentò le fusa. Poi in cucina si sentì un rumore. Cadde qualcosa dalle credenze. Il gatto rosso era lì, che dormiva per terra.

....SINTONIZZAZIONE 82%

Sarà stato il terzo gatto, pensai. Ma quando mi girai verso Olga era in braccio a lei.

"Qualcuno dice pure che regalò all'uomo il cavallo..."

L'idea del cavallo mi diede i brividi, pensai a una testa di cavallo nel frigo. Forse aveva dato quella da mangiare ai gatti. Posai il telecomando sul tavolino. Pensai che forse era così che sparivano le persone. Un'amabile vecchina, tre gatti, un cavallo.

....SINTONIZZAZIONE 91%

"Lei ha un cavallo forse?"

Sentii una nota nell'aria. Mi girai. Ne sentii un'altra. Il gatto nero era ancora sul pianoforte. Non c'era molta luce in quella direzione e qualcosa sicuramente si muoveva sopra la tastiera. Forse un quarto gatto.

....SINTONIZZAZIONE 96%

"Noi avevamo un cavallo una volta."
"Ah sì?"
"Sì. E avremmo tanto voluto un figlio."

....SINTONIZZAZIONE 98%

Non staccavo lo sguardo dal pianoforte.
Poi, le note cominciarono ad essere intonate.
Qualcuno stava suonando.

SINTONIZZAZIONE 100%


Pieter Bruegel, 1563

mercoledì 17 giugno 2015

Autismo moderno - atto II°

(prosegue da atto I°)

...quando entrai nell'ascensore era lì, che cantava, ma quel giorno c'era qualcosa di strano, aveva cambiato canzone, non era più ♫ ♩ prisencolinensinainciusol ma qualcosa di più simile a un blues, forse J.L.Hooker... forse...sì era lui ♫ Talk that talk, walk that walk ♫ ♩ e anche il fucile a pompa che portava sul suo fianco era a tono, nessun pezzo fuori posto, nessuna nota priva di senso... stava per cominciare a gesticolare e sapevo bene che prima mi avrebbe fatto uscire dall'ascensore.




scesi al mio piano, mi girai. 
aveva bloccato le porte.
adesso non cantava più.