martedì 14 settembre 2021

Vedete, non è tanto perché ma per quale


Il Papa ha invitato a non fare omelie troppe lunghe. Sarebbe bene fermarsi sui dieci minuti, altrimenti gli astanti si perdono, si annoiano e vivono male la messa. Bisogna raccontare cose che rimangono, che si possano ricordare una volta tornati a casa.

E sono perfettamente d'accordo, perché a me già la cadenza musicale dell'omelia fa venire il sonno. Peggio ancora se il prete, in piedi di fronte al microfono, comincia a fare le sue pause, a guardarsi le unghie in contro luce, poi riflette un poco e poi riprende a parlare. Giunge al suo climax perdendo quasi la voce e poi si ferma. Proprio sul più bello.

E' uno stillicidio!

Ci sono lettere degli apostoli che non ho più saputo come sia andata a finire. Ma ho anche amici che frequentano la stessa chiesa da anni e che non hanno ancora capito la trama. Poi, una volta che hai perso il filo devi aspettare l'anno prossimo. I cattolici più bravi studiano a casa e la volta successiva sono già preparati. Funziona un pò come gli esami universitari, i migliori passano con gli esoneri, per tutti gli altri bisogna aspettare la sessione successiva. 

Una volta mia madre tornò a casa infuriata.

"Cos'è successo madre?"
"Non ne potevo più e me ne sono andata."
"Omelia lunga vero?"
"Considera che l'introduzione è finita dopo 45 minuti. Il segno di pace ce lo siamo scambiati dopo un'ora e mezza, tuo padre dormiva e alla fine il prete ha detto pure - Vedete, non è tanto perché ma per quale"
"Capisco, ma papà dov'è?"
"E' ancora in chiesa che dorme."

Un mio amico abruzzese andava matto per le campane, fu quello a scatenare la sua voglia di farsi chirichetto e poi prete. E io ovviamente provai a farlo desistere.
 
"Andrea, pensaci bene..."
"Albé tu non capisci, quelle sono campane!"
Guardai il campanile del paese, poi tornai su di lui. "Hai ragione Andrea, non c'avevo pensato."
"E domani le potrò suonare da solo!"
"Bene, ma il passo successivo è parlare in pubblico, dovrai fare l'omelia."
"Ma quella è roba da pret..."
"Già."
"Merda."

Ad Andrea piacevano i sacramenti, piaceva il vino e piacevano le canzoni (al tempo prendeva lezioni di chitarra). E ovviamente, piacevano le campane. Ma non gli piaceva parlare, era un tipo taciturno, riservato. Se ci pensate, ad Andrea piaceva andare in discoteca ma aveva paura di ballare, figuriamoci di approcciare al prossimo. In chiesa per lui c'era musica, alcool e cibo (anche se sciapo), e a volte rimediava pure qualche spicciolo.

"Albè scrivimelo tu il testo, possibilmente qualcosa che vada a rotazione sui 12 mesi."
"Ma Andrea, sono 53 settimane!"
"Fanne quindici e poi ricomincio, non se ne accorgerà nessuno."


 
Ed ecco a voi l'omelia numero uno che scrissi per lui quella sera:

"Oggi giorno siamo di fronte a una questione interessante. Per quale motivo Gesù riunì dodici apostoli e non undici oppure tredici.
 
Come vedete, non è tanto perché ma per quale.
 
Perché non è come ci immaginiamo le cose che le cose si manifestano da sé, ma è piuttosto come le cose sono, che vengono riflesse della vostra luce. E Gesù lo sapeva. E lo sapeva anche Erode. Al tempo.

E anche noi, nella nostra vita, siamo chiamati a rispondere, a sapere. Chi sa fa, chi non sa critica e chi non sa criticare, non fa niente. Diceva Timoteo. Perché solamente con la volontà ci possiamo redimere delle cose che non sappiamo ancora. Se solo le sapessimo.

Tuttavia, la fede ci illumina il cuore, la mente e il cammino (per Andrea divenne il camino). Proprio come successe a Timoteo, sulle rive del Nilo. Per quale motivo egli divenne un cristiano non ci è dato sapere, ma quello che facciamo in vita, riecheggerà per l'eternità."
 

E quella Domenica, la prima e la seconda fila piansero.
Dalle risate.

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