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domenica 9 novembre 2014

Chi è Loretta?

L'otto Novembre, Loretta Lynch, è stata nominata Attorney General dal Presidente degli Stati Uniti, ovvero capo del Dipartimento di Giustizia americano. Il predecessore era Eric Holder, primo afroamericano a ricoprire il ruolo.

Holder ha dato le dimissioni lo scorso Settembre sottolineando che sarebbero divenute effettive nel momento in cui si sarebbe nominato il suo successore. Ed è curioso che nei pronostici non vi fosse nessuno che menzionasse la Lynch. Si parlava dell'ex consigliere della Casa Bianca Kathryn Ruemmler e del consigliere di Obama per la sicurezza interna Lisa Monaco o ancora, del Procuratore Generale della California Kamala Harris e dell'ex direttore dell'FBI Robert Mueller. Ma nessuno aveva in mente Loretta.

Eric Holder, che sembra uscito fresco fresco da una puntata di Law&Order, parlando delle sue dimissioni ha detto che ha preso coscienza d'aver superato i sessant'anni e che ormai vede più giorni passati che giorni futuri. Sarà come dice lui certo, ma gli introiti da due milioni di dollari che ha fatto nel 2008 presso lo studio della Covington & Burling prima di essere nominato, parlano forse più del semplice pezzo di carta per rassegnare le dimissioni.

Attualmente lo stipendio che andrà a prendere la Lynch è pari a circa duecentomila dollari, praticamente dieci volte meno di quanto prenderebbe Holder da avvocato. E molti sono stati gli oppositori in Senato di queste dimissioni, vuoi perché faceva parte della prima squadra di governo del Presidente Obama e vuoi perché non era il momento opportuno, viste le imminenti elezioni di midterm. E infatti le critiche continuano ancora oggi alla luce dei pessimi risultati del Partito Democratico.


Loretta si è presentata comunque con un ottimo curriculum.
Ha lavorato sei anni per lo studio della Cahill Gordon & Reindel, undici anni come Procuratore di New York (Eastern District), otto anni come socio della Hogan & Hartson e altri quattro come Procuratore Generale dell'Eastern District di New York arrivando a coprire tutte le questioni giudiziarie di Brooklyn, del Queens e di Staten Island . Dice di amare il servizio pubblico e che rimarrà sempre vicino a questo. Ha insegnato legge alla St. John’s University School e nel 1999 è stata nominata procuratore dallo stesso Clinton. La Lynch ha dovuto lottare contro i pregiudizi, perché donna e perché donna di colore. Pare che all'inizio della sua carriera venisse scambiata in tribunale per il reporter ufficiale del processo. Ma non si è fatta condizionare e ha continuato per la sua strada, combattendo criminalità organizzata, traffico di droga, di armi, cyber crime e corruzione.

Laureata cum laude ad Harvard nell'81 e preso il dottorato nell'84, dice di aver capito il potere della legge quando da giovane ha aiutato gli afroamericani a fuggire al nord durante il periodo della segregazione razziale.

Nel suo discorso d'insediamento di ieri ha sfoderato il più classico dei patriottici discorsi alla nazione, con tanto di "adesso sarò al servizio di tutti gli americani, per proteggervi, e sarà un onore farlo" ha ricordato che il Ministero di Giustizia è forse l'unico Ministero che è nato da un'ideale e che rappresenta un nobile, quanto stimolante mestiere. Ha ringraziato tutti coloro che ci lavorano e che rendono possibile ogni giorno e ogni notte quell'ideale.  Ha poi ringraziato il Presidente degli Stati Uniti, l'ex Procuratore Generale Eric Holder e i suoi genitori "che pur non più vivi, mi stanno sicuramente guardando". Ha poi concluso dicendo che il suo primo pensiero al mattino sarà la sicurezza di tutti gli americani.

Non ci resta che augurarle buon lavoro.



sabato 8 novembre 2014

House of Cards, il limite è politica

Matteo Renzi non ha mai nascosto il suo interesse per la serie televisiva House of Cards, consigliando anzi il suo staff di prenderlo come un modello, un manuale d'istruzioni. Al che gli ha risposto direttamente Michael Dobbs, l'autore del romanzo, o almeno così dice d'aver fatto. Ha detto d'aver mandato una nota al nostro Presidente del Consiglio, qualcosa del tipo "Pierino, torna a letto, questa è roba per grandi"  "ma io sono grande!!" "non abbastanza da capire cosa sia finzione e cosa no"

Insomma, la voglia di dire al mondo quanto ci capisca di politica Matteo è stata beffata due volte. Una volta quando quel mondo non aveva voglia di sentire un ragazzino che voleva giocare a fare lo statista e un'altra volta quando un politico di professione come lo stesso Dobbs non sembrava capace di stare al gioco del ragazzino rispondendogli in maniera decisamente troppo adulta. Proprio lui che di giochi e finzione dovrebbe intendersene.  

"Ma il protagonista Frank Underwood è molto cinico, io non sono così" ha detto Renzi. "Credo piuttosto che il potere sia la capacità di caricarsi delle responsabilità degli altri.

Ed è qui che ho capito quanto Renzi avesse compreso poco o niente del telefilm, più o meno come Obama quando ha affermato di volere un Frank Underwood nella sua squadra di governo, perché "...sarebbe bello vedere approvate le cose così in fretta!"

Insomma, dire di prendere a modello House of Cards ci può stare, è politica e Renzi è un politico, o almeno vorrebbe esserlo. Ma far intendere poi che non si è capito nulla del romanzo, è come affermare che non si è capito nulla di politica.

Eppure Kevin Spacey nelle sue fluide interruzioni alla scena, rivolgendosi direttamente allo spettatore, deve averlo fatto capire più di una volta cosa sia il potere. Nella penultima puntata della seconda stagione dice anche chiaramente cosa sia questa politica, per chi magari come il nostro Presidente del Consiglio fosse rimasto indietro.

"E' il limite." Fa Spacey. Il limite oltre il quale ci si ritrova nel tradimento e prima del quale non succede niente di niente. Una sottile quanto invisibile linea che solo pochi conoscono e osano avvicinare per ottenere il loro scopo. E lo scopo, Frank Underwood è abituato a ottenerlo, con pazienza ed esperienza, proprio come ricorda metaforicamente quando  il deputato della California Jackie Sharp si appoggia involontariamente al suo modello della guerra di secessione. 

"Oh fa attenzione!" Dice Frank accanto alla sua onnipresente moglie. "E' molto delicato."
"Che cos'è?" Chiede il deputato Sharp.
"Una cosa su cui sto lavorando da molto tempo."

E sappiamo tutti su cosa stia lavorando Frank con la complicità del suo assistente Stamper e della moglie Claire.

"Ed è quasi finito...." In un dialogo che raggiunge il massimo apice della metafora.



House of Cards ha dei colpi di scena plateali, non molti per la verità, ed altri invece più frequenti, ma su argomenti prettamente politici. A Dobbs gli si deve dar atto di aver creato dialoghi per nulla scontati e una serie infinita di piccoli e grandi ricatti, contropiedi e doppi giochi che hanno avuto il merito di tenere in piedi la serie rendendola verosimile. C'è da dire però che in alcune puntate si va troppo per le lunghe con tecnicismi che nello spettatore non avvezzo possono risultare inutili e ridondanti per la storia. Ecco infatti che la seconda stagione comincia col massimo colpo di scena per poi sonnecchiare almeno cinque o sei puntate. Giusto in tempo per mettere in campo un'altra giornalista e far svegliare lo spettatore con un bel punto della situazione. 

E c'è del buon giornalismo nella serie, soprattutto nella prima stagione e nel finale della seconda. Forse frettoloso e poco probabile quando Zoe Barnes scrive i suoi pezzi in due minuti scarsi dal cellulare e camminando. Ma concediamo agli autori il messaggio; l'editoria è cambiata e sta cambiando. L'informazione è altro e le redazioni come quelle dello Slugline somigliano sempre più agli uffici di Google. Non per nulla Zoe Barnes è stata licenziata dal vecchio e classico giornale americano trovando posto nella nuova redazione dello Slugline.



House of Cards è la tela che tesse giorno dopo giorno uno Spacey sempre più simile a Gene Hackman, col solo fine di raggiungere il massimo del potere. Frank Underwood ha infatti subito il torto di non essere stato nominato Segretario di Stato come avevano pianificato con lo staff del Presidente Walker e lo stesso Walker glielo manda a dire tramite il suo capo di gabinetto. 

Errore imperdonabile.

E dopo una notte intera passata alla finestra del suo lussuoso appartamento fumando sigarette, Frank torna a lavoro col "sorriso" tra i denti e con un piano ambizioso da portare a termine. E' lui il capo e se la carta non lo dice ancora, lo sarà presto.

Apprezzabili infine anche i tanti piccoli dettagli, come quello della finestra di casa Underwood che da sul muro della casa di fronte, giusto a dire quanto Frank e sua moglie avessero poco interesse per le cose materiali quanto piuttosto per il potere. 

"Ci sono quelli che accumulano soldi e quelli che accumulano potere"

E per avere potere bisogna camminare sul limite, il limite di cosa poi, è soltanto un dettaglio.


english version

venerdì 7 novembre 2014

L'errore di Obama dietro le midterm 2014

Queste midterm elections hanno mandato certamente un bel messaggio al Presidente Obama che dal canto suo invece non sembra dar cenno d'averlo ricevuto. L'unica cosa che ha potuto dire in risposta a questa debacle del Partito Democratico è stata "adesso mi piacerebbe sentire cos'hanno da dire i Repubblicani in Campidoglio", nel senso che "non vede l'ora" di lavorare con chi ha ottenuto il consenso dei cittadini. E avranno un bel pò da dire questi Repubblicani, visto che lui e il suo partito gli hanno preparato da tempo la strada. Obama infatti non convince più, sembra essere il presidente delle frasi ad effetto e nella sostanza è apparso meglio come candidato alle presidenziali che come presidente in grado di portare cambiamenti.

map by Politico.com


Gli americani, e non sono pochi, vedono in lui un leader che non fa la guerra anzi, che la perde. Perché se non basta ritirarsi per vincere, parlare senza agire può significar perdere un conflitto che va ben i oltre i campi di battaglia dell'Afghanistan. Ha fatto forse di più Putin con la conquista della piccola penisola di Crimea che il nobel per la pace americano con il ritiro delle truppe dall'Iraq.

Passa per un presidente che non aiuta l'economia, ma che addirittura si mette contro i poteri forti per agevolare un elettorato che in fin dei conti non gli ha restituito il favore. E l'Obama Care ci ha messo del suo, con le sue complicanze burocratiche e i suoi tecnicismi, tanto che il presidente dovette indire una conferenza stampa per scusarsi sulle eccessive complicazioni riscontrate dagli americani.

Sembra più un politico che pone domande che un presidente che da risposte, "How can we do what we need to do better?" e se le sue frasi ad effetto miravano a conquistare consensi, proprio come nella campagna presidenziale, adesso sembrano risuonare in un elettorato meno disincantato e più esigente di fatti.

Ma ha detto che è ancora presto per pensare di rivedere ruoli e posizioni del suo staff. Staff che è stato cambiato ben due volte persino nell'U.S. Secret Service, agenzia che si occupa della sicurezza del Presidente e non solo. Soltanto alla Casa Bianca quest'anno ci sono stati sette intrusi, di cui uno armato di coltello e uno armato di pistola. Quest'ultimo è entrato nella stessa ascensore con Obama ed è stato poi fermato perché insisteva nel volersi fare una foto col presidente, piuttosto del perché portasse una pistola.



Staff che andrebbe cambiato a cominciare da Steve Israel, capo del comitato che si occupa della raccolta fondi e ricerca dei candidati per il partito Democratico, il DCCC. Ma lo stesso Israel ha dichiarato solo oggi che lascerà il comitato soltanto per diventare capogruppo alla Camera, riferendo quanto detto al Presidente di questa: "I’ve been really clear with Leader Pelosi that I would like to continue to have a seat at the leadership table, because it makes me more effective"

Insomma, se il congressman Israel, peraltro eletto per l'ottava volta nello stato di New York, trova il tempo di fare il romanziere col suo “The Global War on Morris” a scapito di una pessima campagna elettorale per il partito democratico, la giovane repubblicana Saira Blair riassume invece a pieno il voto degli americani.

"Sono pro-life, contro i sindacati e contro il salario minimo"

"La strada per il successo e la prosperità è fatta di valori e principi conservatori"

Il presidente Obama non ci avrebbe capito più nulla se gli avessero detto che i suoi slogan, certamente di livello superiore, sarebbero stati battuti da un blasonato "E' tempo che smettiamo di trattare i nostri cittadini come terroristi e i terroristi come cittadini", ma del resto la Blair è figlia di un senatore e di uno stato sofferente come il West Virginia, la vittoria perciò è stata soltanto una formalità.

by Fox News 

Ma l'errore di Obama allora qual'è stato? E' stato quello di non aver mai cambiato strategia in sei anni. Ha teso la mano ai più bisognosi e ha continuato a farlo anche quando il ceto sociale medio cominciava a stare meglio. La differenza tra un politico e uno statista in fondo, è che entrambi fanno politica, ma soltanto il primo ha bisogno di una poltrona.

martedì 4 novembre 2014

Un pieno di computer, grazie

Frecce Tricolore su Roma - 4 nov 2014, ore 9.00
Giorno dell'Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate

Almeno cinque giri su Roma Sud di nove velivoli in formazione per una durata di circa venti minuti. Costo del carburante al barile, 102 dollari, consumo dell'Aermacchi MB 339 ad un regime dell'80% circa 25 litri al minuto. Il che ci dice che la durata di un barile è di circa sei minuti di volo. Sono necessari dunque almeno quattro barili per una sessione di volo come quella di stamattina, ovvero 408 dollari a velivolo che per nove velivoli fanno 4590 €, l'equivalente di nove ottimi computer per la scuola.

Senza contare le sessioni di allenamento.



domenica 2 novembre 2014

Il Bulldog Inn cambia pelle

Una volta era un pub dove la birra scorreva a fiumi. Lo stile era irlandese e forse leggermente riadattato alle esigenze di casa nostra. Allora per pranzo si poteva ordinare un hot dog con senape o una pizza margherita, un cheeseburger oppure una gricia e un supplì. E c'era anche la St.Benoit per i più sofisticati. Col tempo però la clientela è andata scemando e nonostante fosse posizionato, e lo è tuttora, su corso Vittorio Emanuele, proprio nella Piazza di S.Andrea della Valle, non era difficile vederlo vuoto quando altri pub irlandesi nelle vicinanze andavano a pieno regime già dalle diciotto, basti pensare all'Abbey Theatre

Il Bull Dog Inn sembrava voler essere tutto e niente, un discopub dove a inizio millennio il sabato sera si faticava a stare in piedi, o un lounge bar dove l'aperitivo stentava a decollare. C'era, ma non si sapeva, anche se faceva un Bloody Mary leggendario. Da fuori non sembrava nemmeno si trattasse di un pub, o di un cocktail bar, per non parlare delle luci decisamente troppo natalizie e dozzinali per un locale situato su corso Vittorio.


Bulldog Inn, 2013

Bulldog Inn, 2013


C'è da dire che era tutto buono, dalla gricia alla pizza, dalla focaccia all'hot dog, fino all'incredibile supplì. Insomma un pub di qualità, ma sornione, almeno di giorno.

Tuttavia i tempi cambiano e non invecchiare significa non stare al passo coi tempi, rimanere immobili. 
Con piacere dunque, abbiamo notato che il vento del cambiamento è arrivato anche qui. Certo, un cambiamento quasi radicale, ma la vecchia anima del Bulldog è ancora nell'aria e se si guarda agli alti soffitti i ricordi sono dietro l'angolo.



Abbiamo provato il buffet del pranzo, per dodici euro. Certamente concorrenziale nella zona, ma senza piatti caldi. Tuttavia, compreso nel prezzo, si ha diritto a un primo a scelta (caldo) tra cacio e pepe o puttanesca.

Abbiamo optato per il cacio e pepe. Ottima la pasta e piatto servito al dente.



Nel frattempo ci siamo serviti al buffet, abbondantemente vegetariano.





E da bere un'ottima spremuta d'arancia e dell'acqua leggermente frizzante, non comprese nel prezzo.




L'arredamento è curato. Il colore è virato dal marrone scuro del Bulldog al bianco del nuovo locale. Sedie in legno, ma comode. Servizio cortese e immediato. Nonostante il bianco, la luce è rimasta quella di un tempo. Vi consigliamo i posti più luminosi nell'angolo tra Piazza Sant'Andrea e corso Vittorio, specialmente i due che affacciano sulla strada.

Con nostro gradimento siamo passati al dolce. Due tipi di torte, una crostata, biscotti e macedonia.
Tutto ottimo, ma la crostata di albicocche ha decisamente trionfato su tutto.




 Benvenuti al Buddy Restaurant Café

mercoledì 29 ottobre 2014

Walking Dead - anche la serie resuscita (spoiler, ma non troppo)

Con la storia del Governatore ci stavamo addormentando un pò tutti. La cittadina di Woodbury era noiosa già dalla prima e non è stato certo facile sorbircela per una decina di puntate. La sola puntata numero sei della prima stagione (TS-19) valeva molto più di tutto il brodo che abbiamo dovuto superare con la storia del Governatore. In quella puntata un medico rinchiusosi dentro a un laboratorio ermeticamente protetto, aveva creato il suo mondo personale che poco aveva da invidiare agli abitanti di Woodbury.

Il Governatore non ha mai avuto l'aspetto del cattivo, ce lo siamo dovuti figurare tale anche come pirata. Ad eccezione forse della seconda parte nella quale cerca vendetta su Michonne e Rick dopo che gli hanno distrutto la sua amata Woodbury. Ha perso una figlia, ha perso un occhio e nonostante tutto, sembra aver perso un cubo di Rubick e la lista della spesa. I momenti degni di nota sono pochi, forse quando Glenn rimane legato a una sedia con uno zombie nella stanza o forse quando Andrea scopre la figlia del Governatore in catene. Viviamo un'epidemia di polmonite alla prigione e l'agognato ritrovamento da parte di Daryl del fratello Merle, praticamente perso dalla prima stagione. Non è il migliore dei momenti certo, ma anche qui, il Governatore è poco credibile quando mette i due uno contro l'altro, in un'arena inverosimile, dove i mansueti abitanti di Woodbury si trasformano in improbabili arpie da cinema di serie B.

Viviamo poi un lungo momento introspettivo del Governatore, quando distrutta la città, cammina come un clochard lungo i paesi abbandonati del circondario. Per trovare cosa? Una nuova moglie e una nuova figlia nel giro di due puntate. Come se non bastasse riuscirà a convincere lei, la sorella e gli amici a mettersi contro 'quelli' della prigione. "E' gente pericolosa" dice, e ovviamente la donna acconsente, anche perché nessuno li ha mai difesi come ha fatto lui in questo stretto giro di episodi.

Inverosimile.

Volevamo uscire tutti da questo letargo sceso da quando si era arrivati alla prigione, ma gli sceneggiatori non sembravano dello stesso parere. Fino a quando non c'ha pensato il Governatore.

"Basta con questa prigione santo cielo! Cambiamo ambientazione..."

E forse l'unico a non  pensarla così era il povero Hershel

Il gruppo di Rick si sfalda. Le cose si fanno appena più interessanti ad eccezione forse di una puntata su Daryl e Beth. In fondo la ragazza doveva essere rapita e dunque bisognava far conoscere un poco di più del personaggio. Poi un gruppo di cacciatori entra nella casa in cui Rick, Carl e Michonne si erano rifugiati. Rick ancora ferito da quando ha lasciato la prigione, riesce ad uscire dalla casa in pieno stile navy seal e a raggiungere il figlio e l'amica che nel frattempo stavano approfondendo il passato di Michonne in giro per il paese. Ma la vendetta è nell'aria. 

La caccia è nell'aria.

Così, nel giro di  qualche puntata passata nei boschi, assistiamo all'amicizia forzata di Daryl con un fantomatico Joe e il suo gruppo di cacciatori (guardacaso). Cacciatori che sono gli stessi che si erano infilati nella casa dove alloggiavano Rick e suo figlio insieme a Michonne.

E qui ci ritroviamo finalmente faccia a faccia col problema.

La vera epidemia è soltanto l'infezione o interessa anche il comportamento? Lo scenario apocalittico forse è il vero virus dal quale bisogna guardarsi, perché resistere come esseri umani può significare morire come dei poveri zombie. Parliamo di un'infezione molto più invisibile, quella delle circostanze. Rick lo sa bene. Ha cominciato a saperlo dopo la morte di Shane e di sua moglie Lori. Se vuoi sopravvivere tra zombie che sbranano esseri umani, devi sbranare come loro. E non metaforicamente, visto che non sono certo i camminanti, quanto piuttosto gente come gli amici di Joe a nutrirsi come un'infezione sulle spalle delle 'brave' persone.

Il vero punto di svolta raggiunge l'apice nell'ultima puntata della quarta stagione. Non appena gli uomini di Joe minacciano ciò che resta della famiglia di Rick, firmano la loro condanna a morte. Rick è una brava persona, una brava persona trasformata dall'apocalisse in una macchina da guerra, un cacciatore di esseri umani. Non dimentichiamoci della velocità con la quale ha sparato in 'Grilletto facile' durante la seconda stagione. Clint Eastwood avrebbe certamente preso appunti. Questa significa che Rick sa trasformarsi, vuoi in Sundance Kid , vuoi in uno zombie. 

A fare le spese di questo nuovo Rick, cambiato nel volto e nell'animo, è chi si mette tra lui e la sopravvivenza sua e della famiglia. Non serve dunque essere uno zombie per azzannare il collo di Joe. 

E da questo momento in poi i soggetti e gli scenari interessanti aumentano. Abbiamo Carol alla prese con una bambina psicolabile e Tyreese che ascolta le confessioni sulla morte di Karen direttamente da Carol. Sono puntate importanti dove si saldano certi legami e se ne costruiscono di nuovi. Sono puntate che ci fanno respirare aria nuova dopo mesi di sedativi, quasi che ci stavamo trasformando noi stessi in "spettatori" viventi.

Poi, inserita alla perfezione e con un tempismo perfetto, arriva Terminus, luogo sinistro che suggella quanto detto prima. Gli uomini sono diventati qualcosa di più pericoloso degli zombie, tanto che i morti viventi sembrano ormai un routinario formalismo a fatti ben più inquietanti.



domenica 19 ottobre 2014

I bassifondi del Barocco a Villa Medici (consigliata)

Come già per altre mostre a Roma, si ripete l'annosa questione del biglietto. E' certamente concepibile che si faccia la fila, non è concepibile però che non si faccia nulla per smaltirla quando questo è possibile.

Anche qui, come per l'Ara Pacis, siamo sui due minuti a coppia per un totale di trenta visitatori avanti a noi. Notiamo un solo addetto alla cassa per le operazioni 'spicciole' e uno accanto che ha il solo compito di dare la stessa identica informazione a ogni visitatore che si affaccia al banco. Non si capisce veramente perché certe informazioni non possano esser scritte lungo il percorso della fila.

POS mancante. Ergo, se non avete contanti non visiterete la mostra.


Nessuna indicazione in merito ovviamente. Il rischio sarà dunque quello di farvi mezz'ora di fila per sentirvi dire che l'avete fatta inutilmente. Disorganizzazione allo stato puro.

Al costo del biglietto potrete visitare anche i giardini di Villa Medici, un'ora e mezza di percorso con la guida, per un massimo di 25 persone a gruppo. Le guide sono più d'una. I giardini meritano, anche per l'ampia vista che si ha sulla città.


L'ingresso della mostra del Barocco non è dei più belli. A introdurci nella prima sala saranno delle fettucce da macelleria in pieno contrasto con le tende in velluto antistanti. Vogliamo pensare che fosse una sottile metafora per sottolineare il passaggio dai piani alti ai bassifondi della mostra.



La luce delle sale è davvero buona, quasi perfetta, ad eccezione di quella per i quadri più grandi. I pannelli bianchissimi messi ad hoc per i dipinti sono molto eleganti e in linea con l'illuminazione. Peccato che non sia stata fatta una didascalia di massima per ciascun quadro, in fondo non sono molti. Ci si deve accontentare di fare avanti e indietro con un unico pannello per sala. Ma se avete una buona memoria vi ricorderete tutto, piantina delle sale compresa.

Gli allarmi di movimento sono tarati male, ogni quindici secondi ce n'è uno che suona. Anche la guida sembra non accorgersene mentre parla, facendolo suonare in continuazione. Va bene proteggere i quadri, ma non va bene farlo a scapito di un mal di testa.

I primi quadri sono davvero belli, la mostra promette bene ed è subito forte l'ingresso nel '600.  

Si parte con Pierre Prebiette e Bartolomeo Manfredi passando per alcuni allievi della sua scuola. Il maestro Manfredi non ha mai firmato i suoi quadri e tanta era la sua bravura che ha portato a confonderli persino con degli originali di Caravaggio. L'elemento dominante è Bacco il cui quadro oggettivamente più bello è 'Bacco e un bevitore', proveniente da Palazzo Barberini.

Nella stessa sala il nudo di Giovanni Lanfranco.


Godibili sono i 'Giocatori' di Leonaert Bramer e il 'Banchetto di Baldassarre', così come 'i bari' del Paolino. Pietro Paolini, pittore toscano, fondò nella sua Lucca la propria scuola dopo aver studiato sia a Venezia che a Roma. Altri suoi quadri sono custoditi a Palazzo Orsetti e Villa Guinigi.



Degni di nota sono 'Il mendicante' dello spagnolo Jusepe de Ribera, quadro proveniente dalla Galleria Borghese e 'La suonatrice di chitarra', del francese Simon Vouet.

           
                             
Se il Barocco incontra la pittura fiamminga, non può che nascere il bravissimo Michael Sweerts. Tra i suoi quadri scelti per l'esposizione, 'Il pellegrino in sosta' e 'L'anziana che fila', direttamente dalla Pinacoteca Capitolina.

Un paio di quadri che ci riportano poi nella Roma del '600 sono 'Il Carnevale' di Jan Miel (Palazzo Barberini), sullo sfondo di Piazza Colonna e la scena di prostituzione sotto al Pincio di Claude Gellée (National Gallery). In questo dipinto la luminosa chiesa della Trinità dei Monti fa da contrasto alla parte bassa del quadro, dove la selva di quella che adesso è Piazza del Popolo, sembra far calare il buio sulla ragione dell'uomo gettandolo nella perdizione.



In fondo la Roma del tempo, non era poi così lontana dalla Roma di oggi, quando orinare sulle rovine della città era normale tanto quanto adesso; si veda il quadro di Cornelis van Poelenburgh, 'Giovane che orina' (Palazzo Chigi).

La volgarità di allora sarebbe stata attuale anche con il 'gesto della fica', gesto che era usato all'epoca come insulto.

Altri due quadri che ci lasciano entrare nell'atmosfera dell'epoca sono 'Festa e rissa nei pressi dell’Ambasciata di Spagna a Roma' di Jean Both e 'Bentvueghels in un'osteria romana' di Roeland van Laer, quadro proveniente da Palazzo Braschi (Museo di Roma).

Di Bartolomeo Cavarozzi, altro bravissimo caravaggista, è esposto il famoso 'lamento di Aminta' (Dolor, che sì mi crucii, ché non m'uccidi omai? tu sei pur lento!)



Infine ricordiamo Nicolas Régnier con i suoi 'Giocatori di dadi e un'indovina', e soprattuto 'Lo Scherzo', dal Museo Nazionale di Stoccolma.

Qui lo spettatore sembra diventare finalmente parte della scena.


sabato 18 ottobre 2014

Matrimoni omosessuali



Prendiamo atto dell'ostruzionismo del Ministro Alfano sulla questione dei matrimoni omosessuali e ricordiamo allo stesso che è la regolamentazione giuridica che deve adattarsi all'uomo, non viceversa.

Il matrimonio omosessuale è stato legalizzato in alcuni paesi come il Canada, il Sud Africa, la Svezia, la Francia, l'Argentina, persino in alcuni stati come la California, New York, il Massachussets, il Colorado o il Vermont. In altri paesi ci sono regolamentazioni di unioni civili e in altri ancora, come il Messico, il riconoscimento di matrimoni registrati all'estero.

Nei primi giorni di Ottobre, il Ministro Alfano ha annunciato una circolare che avrebbe imposto ai sindaci dei comuni italiani la cancellazione delle trascrizioni anagrafiche dei matrimoni registrati all'estero. Da qui ne è scaturito un ostruzionismo quasi totale e in alcuni casi, come Bologna, molto sentito. Persino il Sindaco di Roma Marino, il 18 Ottobre registra sedici matrimoni omosessuali nella Sala della Protomoteca, per dare un segnale forte che qualcosa deve esser fatta.

La legislazione è infatti carente in merito e dunque non sono previste regolamentazioni tra coppie dello stesso sesso. Questo però non può essere sufficiente per dar adito ad illegalità, perché se è vero che la mancanza di norme secondo Senofonte, è qualcosa di illegale, la mancanza stessa è già di per sé indice di una necessità sociale che attende un'adeguata regolamentazione. Se non vi fosse questa necessità, non se ne evidenzierebbe la mancanza.

E come si può vietare dunque qualcosa che ancora non esiste? La registrazione sembrerebbe dunque del tutto lecita, in quanto non si fa altro che sancire all'anagrafe un'unione avvenuta altrove. Di certo, nel rispetto della legge, non se ne celebrerà l'unione in Italia, ma come abbiamo imparato, è solo questione di tempo

martedì 14 ottobre 2014

Henri Cartier-Bresson a Roma (sconsigliata)

Molto deludente questa mostra di Henri Cartier-Bresson, considerato uno dei più grandi fotografi del secolo scorso. Delusione che comincia subito alle biglietterie dell'Ara Pacis. Molto scarso infatti è stato lo smaltimento della fila presso il ticket office del piano superiore, ci si aggira sui due minuti a biglietto e dunque sette persone in fila vi faranno attendere quindici minuti circa (sempre che non finisca la carta del POS). Senza considerare che alla stessa fila si mescoleranno quelli che vorranno semplicemente acquistare dal book shop antistante o entrare al museo del comune di Roma (quello dedicato all'Ara Pacis). In alternativa si può usufruire della biglietteria del piano inferiore, dove risiede la mostra, ma il numero di persone in fila è due volte tanto.

Questo tipo di organizzazione, in una città importante come Roma, per una mostra pubblicizzata da sei mesi, non è accettabile. 

Tornando allo spazio espositivo della mostra, l'ambiente è piuttosto ben pensato, vetrine espositive con vecchie riviste d'epoca, documenti di lavoro, una parete intera con degli autoritratti in carboncino e un'altra con dei film sulla guerra civile spagnola. Anche gli ambienti sono pensati bene, scorrendo i vari periodi dell'artista. Si va dagli inizi della sua attività fotografica, al periodo parigino, dalle foto di guerra a quelle della resistenza, dalle ambientazioni africane a quelle cinesi o indiane. 

L'arte fotografica del bianco e nero sembra insomma passare in secondo piano rispetto alla mera presenza del fotografo in luoghi ed eventi che hanno segnato la storia. E per noi l'arte non può essere mera presenza, ma capacità di vedere cose che altri non vedono, capacità di raccontarle. Questa capacità spicca soltanto in una dozzina di foto o poco più. 

Per ultimo, deludente è stato anche il formato delle foto, eccessivamente piccolo, dentro quadri eccessivamente grandi. Va bene come scelta una tantum, ma qui crediamo sia stato fatto un uso esagerato.



venerdì 27 giugno 2014

Roma, 2014 d.C.

Era una mattina di Marzo, i gabbiani volavano bassi e qualche fiocco di neve scendeva lento dal cielo per posarsi sul lago davanti casa. Potevo sentire il trimotore di un grosso yacht anche con le finestre chiuse, qualcuno a bordo rideva e brindava ancora, facendo tintinnare i bicchieri mentre la neve scendeva sempre più lenta, come a dire che tutto prima o poi, si sarebbe fermato.

Ma figuriamoci, era già tutto fermo da un pezzo ormai, la signora del piano di sopra stava sbattendo i tappeti in balcone con tanto di sporcizia che scendeva lenta fin nel giardino del piano terra, i gabbiani avevano puntato il rarissimo camion della spazzatura, e di certo non per predarlo ma per far valere i loro diritti sui sacchi della mondezza buttati in strada. Intanto qualcuno se la rideva di prima mattina sfasciando i vetri delle macchine parcheggiate davanti casa e la latrina di fronte che non drenava più acqua dalle piogge dall'autunno scorso, era finalmente piena delle schifezze del tappeto della signora di sopra.


lunedì 2 luglio 2012

Italia - Spagna 0 - 4

Vorrei scrivere come mio uso e costume alla fine di una settimana ricca d'impegni consolari, com'è stata quella appena trascorsa, il mio solito editoriale sulla settimana politica e soprattutto calcistica appena vissuta. Ma questa volta non solo mi esimerò dal farlo dissimulando una qualche vaga forma di sciopero della penna nei confronti di una delle più barbine figure di merda internazionali a livello calcistico come nemmeno la più ricca dose di vaccini berlusconiani muniti di corna e bandana abbiano mai potuto sognare di fare, ma andrò oltre considerando la formazione messa in campo da questo governo di gran lunga migliore della squadra di Prandelli e ricordando le parole del più grande terzino aborigeno del Queensland

"il boomerang torna sempre indietro, se non lo sai lanciare"