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venerdì 28 agosto 2015

per fortuna c'è Nadia

"buongiorno sono Nadia del customer care della (*****) "
"salve"
"mi può dare qualche dettaglio in più?"
"inchessenso?"
"per capire dov'è il problema"
"problema? io non ho nessun problema"
"mi è appena arrivata una segnalazione con il suo nominativo per (*****), è uno dei nostri prodotti"
(ci penso un pò su, capisco, identifico il giorno, faccio la differenza)
"ah si, ma sono passati tre mesi..."
"bene"
(bene un corno)
"mi vuole dire che problema è così vediamo di risolverlo?"
"guardi è sicuramente stato già risolto"
"si ricorda almeno che problema fosse?"
"dopo tre mesi dalla segnalazione?"
"posso fare qualcos'altro per lei?"
"no grazie"
"è stato un piacere sapere che il problema si sia risolto da solo, se ha ancora bisogno di noi, non esiti a contattarci!"


(da solo un cazzo!)


venerdì 31 luglio 2015

Una valigia, due sciaccali e cinque biglie

"Ho con me una valigia, due sciacalli e cinque biglie. Uno sciacallo mi dice le cose, l'altro me le spiega. Poi lancio le biglie." esordí in questo modo lo strano personaggio che salí sul treno mentre anni fa tornavo dai tre giorni, diventati poi cinque. Si sedette di fronte a me, era un ragazzo di 25 anni o poco più, io ero intento a leggere riviste di ufologia per ingannare il tempo, ma pensavo già di spostarmi visto l'esordio infelice del tipo. Ebbene non riuscii più a leggere, né a spostarmi, conosceva tutti gli argomenti scritti nella rivista, e mi parlò di stelle e pianeti come fosse un astronomo. 

"oh non sono un astronomo, perdonami, è solo passione, conoscenza" era estremamente logorroico "tu pensi ci possano essere alieni sulla terra?" 

sorrisi, gli dissi che nel caso avrebbero dovuto usare un mezzo simile al teletrasporto per superare la barriera siderale dello spazio 

"esattamente!" il tizio guardava spesso il corridoio e ora che ci penso non c'era quando passò il controllore... la discussione continuò poi sul telescopio che aveva regalato al padre, sulla storia di Trevis Walton e su Stonehenge. Poi si alzò e prima di congedarsi disse: "cinque biglie figliolo, una valigia, due sciacalli e cinque biglie" uscì dalla cabina e non lo vidi più.

Nel corridoio intanto rotolavano lente, cinque biglie.


lunedì 15 giugno 2015

Siamo tutti migranti (anteprima dell'intervista di Fazio)

Samantha Cristoforetti è da poco tornata dallo spazio, su questo blog e direttamente dal futuro, ecco le scottanti domande che Fazio le farà in trasmissione:

- nella Soyuz eri con altri due astronauti, l'americano Terry Virts e il russo Anton Shkaplerov...ti hanno lasciato guidare?
- è meglio qua o è meglio là?
- il grande schermo ci ha abituati a vedere lo spazio e le astronavi in un certo modo, quanto è diversa la realtà da come viene rappresentata al cinema?
- con la Soyuz sei atterrata in Kazakistan, avresti preferito l'aereoporto Da Vinci di Roma?
- cosa ti hanno detto in Kazako i primi soccorritori? ..."favorisca i documenti" (?)
- al di là delle critiche che molti fanno sui vari social e sui giornali, cosa ti senti di dire a chi è lontano dallo spazio e dalle questioni spaziali?
- quant'è piccola la politica da lassù?
- dicono che nello spazio si invecchia più velocemente che sulla Terra...cosa manca oggi ai giovani per diventare vecchi?

- spero di no, ma questa domanda te la devo fare, sei riuscita almeno una volta a chiamare Houston per dire che avevi un problema?



біз барлық мигранттар болып табылады
(siamo tutti migranti)




a small collection of flowers











mercoledì 10 giugno 2015

Il Potente Zufar Khan

mi disse il potente Zufar, venerabile del Khan nonché ultimo discepolo di Adar al Khandar poco prima del suo famoso Sermone del Cielo e della Terra:

"non importa che tu sappia tacere o parlare all'occasione, quanto piuttosto ciò che dici stando in silenzio e ciò che non dici parlandone"

"ma Venerabile..." dissi "le mie orecchie sono troppo sorde per ascoltare ciò che dite tacendo e troppo chiuse per intendere ciò che non dite parlando, dunque è come se voi non parlaste affatto!"

e il Venerabile "solo lo stolto crede che l'ascolto sia una conseguenza del parlare, colui che sente invece, non si preoccupa né di udire, né di parlare, né da dove venga la mia voce”




martedì 21 aprile 2015

Il Nulla

l'Italia è un paese meraviglioso, corruttocraticamente perfetto, non ci saranno mai infiltrazioni di stampo democratico, né mai, dico mai, meritocrati senza scrupoli pronti a prendere la fetta che gli spetta, l'italia è un paese garantista e non lascerà mai che un corrotto non abbia la sua parte, questa è garantita per diritto di amicizia, compiacenza e fedeltà al sistema, uno dei più avanzati sul pianeta ed è la dimostrazione che un paese senza identità e privo del senso di appartenenza non è un paese, ma la puttana di gente il cui scrupolo vale meno della moneta che hanno usato per comprare la dignità di ogni singolo cittadino

la sovranità appartiene al sistema e quest'ultimo garantisce i diritti inviolabili dei corrotti, sia come singoli che come formazioni sociali ove si svolge la corruzione, compito del sistema è rimuovere gli ostacoli che impediscono il corretto svolgimento delle illecite attività, siano esse a danno del paese, siano esse a danno del singolo, tutte le buone intenzioni per l'applicazione della meritocrazia verranno prontamente abbattute non appena riconosciute poiché considerate minacce allo stato di diritto, il diritto di essere oltre le regole, oltre la legge, oltre il buon senso

diceva uno dei più grandi poeti che ebbi la fortuna di conoscere durante uno dei miei viaggi a Parigi: "il più forte non è colui che non ha più nulla da difendere, ma colui che difende qualcosa per nulla"

e il nulla è ormai sotto i nostri occhi.
il Nulla.





giovedì 12 marzo 2015

Sara Lautizi, la tela siamo noi

Qualunque artista degno di questo nome, presto o tardi è dovuto scendere nel suo io più profondo per poter comprendere le differenze tra Essere e non Essere col solo fine di avvicinarsi il più possibile a quella tanto anelata perfezione scevra di attributi. E se molti artisti continuano la loro arte incuranti di questi processi, ce ne sono altri la cui conoscenza dell'Essere è un fattore imprescindibile sin dai primi passi nel mondo dell'arte. Ma come si fa a rappresentare quest'impossibile, questa inarrivabile assolutezza con strumenti come i pennelli e i colori?

Me lo sono fatto spiegare da Sara Lautizi, giovane promessa della pittura italiana, ma soprattutto profonda osservatrice di sé. Volente o nolente, conoscersi e studiarsi significa per lei essere in grado o meno di dipingere. 


Sara Lautizi
"Per me il quadro più difficile è quello che dovrò fare dopo un periodo di lunghissimo stop. Se mi fermo è perchè non mi amo più...e dipingere è amarmi. In linea più generale il quadro più complicato è quello che cerco di fare con dei presupposti, mentre quello più facile è quello dove prendo il primo supporto che mi capita e inizio a farlo, con la testa altrove. Magari dipingo in camera da letto e con la mente sono in cucina che penso a cosa mangerò o a cosa farò per guadagnare soldi o soltanto per essere felice... e poi PUFF, sono di nuovo lì, di fronte a un'opera della quale non ricordo i passaggi e... mi piace! Mi piace e non devo aggiungere nulla."

Sara ha venticinque anni e per vivere alterna i suoi guadagni con lavori occasionali. Fa la barista per qualche giorno alla settimana e la donna delle pulizie per il resto del tempo. 

"Sì e la cosa curiosa è che non appena mi manca il lavoro, è proprio il momento in cui riesco a vendere quadri, senza che io faccia nulla. Con quei soldi cerco di vivere in modo dignitoso ma non mi sento mai leggera mentalmente perché ho sempre l'ansia di qualche spesa improvvisa."

"Sedia del miracolo" - olio su carta, 150x80cm (2012) collezione privata
"E quanto incide sulla tua spesa il costo del materiale?"

"La pittura è costosa, i colori sono molto cari. Cerco di comprare i pigmenti per combinarli tra loro e le tele me le costruisco io. Quella a rotoli costa meno."

"Qual'è il quadro che ti ha fruttato di più?"



"Non è un quadro, ma la colonna di un'appartamento. Era alta più di due metri e larga un metro circa. Ho rappresentato l'energia femminile e quella maschile. Sembrava un amplesso."

"E quanto sei riuscita a fare?"

"Novecento euro."

"Quello che ti ha fruttato di meno invece?"

"Trentacinque euro per un pastello e acrilico su tela formato A4. Sono una serie di personaggi che fanno cose."

"Ma quanti quadri riesci a fare mediamente, diciamo in un mese?"

"Non saprei... e ovviamente non c'è un numero fisso, alcuni mesi zero, altri dieci."


 

Ascoltandola, la presenza del e del non  è molto evidente ed è lei stessa a farci capire quali sono i momenti in cui l'ego lascia il posto a qualcosa di più alto.

"Per me la pittura è un prolungamento del mio essere. Dove non arrivano il corpo e la mente, c'è la lei che riesce a farlo. Quando non dipingo sto molto male, sono squilibrata con il cibo, ho la mente che inizia ad essere ossessiva, non sono né felice né soddisfatta. Quindi immagino che sia qualcosa di più grande che dev'esser fatto attraverso me, perchè non sono io che decido le intuizioni, le ispirazioni. Poi succede che guardo le sfumature che ho fatto o le idee che mi sono venute e mi stupisco d'essere stata io a farle!"


"Essere fuori dagli schemi" - olio su tela, 114x80cm
Mentre Sara mi offre un caffé le chiedo quali siano stati i suoi studi, le sue influenze artistiche e mi dice d'aver frequentato il corso di restauro dei beni culturali

"Poi da lì mi sono resa conto che avevo un certo rapporto con la pittura, un rapporto oserei dire fraterno. In verità avevo già intuito qualcosa in terza media con una sfida tra me e una compagna di classe. Avevamo deciso di fare il Bacco di Caravaggio e finito il disegno mi sono quasi scioccata del risultato. Credo che prima di quel giorno non sapessi nemmeno di saper disegnare. E così ho fatto l'Accademia delle Belle Arti, ma ho scelto decorazione invece che pittura. Nella mia totale stoltezza pensavo che dipingendo non avrei mai trovato lavoro..."

"Il tuo stile è molto vicino al cubismo, per certi versi è anche surrealista. C'è qualche pittore al quale t'ispiri?"

"Mi hanno influenzato in tanti. Penso a Renoir, Picasso, Van Gogh, a Frida o a Goya. Ma alla fine ho visto che sono più tendente a una pittura impulsiva e materica, il mio carattere è  cosi, non sono paziente nella vita e quindi non sono paziente nemmeno nella pittura. Figuriamoci se ho la capacità di seguire una corrente. Istinto è la parola che mi accompagna."

"Mamma" - olio su legno (2014) collezione privata
Nel tempo che ho passato con lei mi è parsa un'abile osservatrice, ma non di quell'osservazione formale, esteriore, quanto piuttosto una veterana di terre vicine ma a noi sconosciute, una conoscitrice di quei territori che passano attraverso il riconoscimento di sé nel mondo e viceversa. E si conosce abbastanza da non prendersi mai troppo sul serio anzi, il più delle volte non è nemmeno soddisfatta per accettarsi. Di conseguenza non accetterà mai il quadro.

"Mi raffiguro sempre nei miei quadri, sempre. Mi raffiguro perchè conosco solo me! Sono forse un'egocentrica per questo? ahahah no no, tutto l'opposto. Non accetto di non capire i miei processi mentali, forse perché per me la mente è scontata, è ripetitiva e quando interviene troppo finisce sempre con lo stremare il corpo. Ma quello che davvero mi chiedo è come posso raffigurare l'altro? E tutto quello che osservo nell'altro poi lo vivo e lo trasferisco nel quadro."


"In accettazione" - olio su tela (2013) 96x75cm

Prima di iniziare a dipingere Sara si mette di fronte alla tela. Prende del tabacco e si fa una sigaretta. Poi inizia a tremare, sente l'ansia salire ed è come se la tela la stesse mettendo alla prova. I suoi occhi cominciano a fissarla e la sua mente è già altrove, come in una sorta di transfert.

"Vedo il disegno, vedo la sagoma formarsi sulla tela. Il più delle volte non mi resta che ricalcare quelle sagome. Altre volte i processi sono più complicati, le sensazioni diverse. Alterno stati di soddisfazione a insicurezze varie, passo dall'odio alla gratitudine. Alla fine un quadro è un vero e proprio parto, nel senso che molto di quello che avevo dentro l'ho messo su tela."

Le chiedo se questo suo parallelismo tra arte e studio di sé sia sempre stato così come lo vive adesso.

"Guarda, mi ricordo che da piccola un maestro prese un cartoncino colorato e ci chiese di che colore fosse. Tutti noi bambini rispondemmo verde! ma lui... - sì, ma com'è fatto il verde? - e di nuovo noi tutti... mmmm verde maestro verde!! Ecco, posso dire che lì ci fu un fulmine che mi attraversò il cervello, gli occhi, il cuore, le mani...wow...la realtà non è oggettiva! Io ti posso dire che questa è una linea ------------- e tu chiamerai linea quello che per i tuoi occhi invece è cosi ............. possiamo vedere la stessa cosa in modo diverso e nessuno saprà mai come la vede l'altro!"

"E' forse l'oggettività che cerchi?"
Sara Lautizi

"Se la cerco, la cerco in me. Non credo che l'opera sia nascosta dietro la tela, c'è un percorso dentro di noi che non mettiamo subito a fuoco, la tela siamo noi. Questo percorso lo vediamo quand'è finita e magari può essere che rappresenti un episodio risalente a due anni prima e che ha attraversato tutto questo tempo per maturare."

"Qualcosa di onirico" - olio su tela (2014) 114x80cm















Come tanti altri artisti Sara ritiene che l'anima di ognuno debba potersi esprimere, realizzarsi e fluire nell'equilibrio naturale della vita. Già la medicina cinese studiava centinaia d'anni fa questi processi e da molto meno lo fanno i medici nostrani. Quando c'è una malattia c'è un'oppressione, un nodo non risolto nella vita della persona. E per Sara la pittura rappresenta il suo personale canale di espressione per riallineare anima, mente e corpo. 

"Una volta che senti di essere in equilibrio, il fluire della loro energia non può che indurre ottime ispirazioni. Ma se te ti metti a dipingere perchè lo devi fare è come se ti confessassi per andare in Paradiso, non funziona così.... l'arte può davvero aiutare a guarire e a liberarci di molte delle nostre paure. Dove c'è arte c'è salute."



"Per quanto riguarda le opportunità di carriera nel tuo campo, trovi che in Italia siano le stesse di quelle che potresti trovare all’estero?"

"Di certo non posso dire se sia meglio stare all'estero o in Italia, parlerei con parole non vissute. Penso però che se vuoi dipingere professionalmente e trovi dei limiti nel vivere di pittura, allora c'è qualcosa che non va. Tutto è possibile, ma se sei il primo a porti un freno, stai pur sicuro che diventerà impossibile farlo. Certo l'Italia non sembra voler aiutare l'arte ma dipende cosa vuoi tu dalla tua pittura. Forse a me non interessa molto esporre nelle più prestigiose gallerie o avere delle critiche da persone conosciute. Per lo meno, ora sono focalizzata nel riuscire a esprimermi nel modo più puro possibile. Vorrei saper dipingere come quando lo faccio nei sogni, senza paura, senza domande, con colori nuovi e che non esistono ancora. Se alla mente chiedi - riesci a immaginare un colore nuovo? - vedrai subito che va in tilt...ma nei sogni si può e se si può nei sogni, lo si può fare anche in questa realtà. Alla fine tutte e due le dimensioni sono facce della stessa medaglia... ti ripeto, tutto è possibile. Ma tornando alla domanda, mi immagino di più all'estero per via della mia pittura. L'Italia non è sofisticata ed è rimasta ancorata in una visione classica della bellezza, mentre io amo l'arte in tutte le sue sfumature, per me è l'ultimo scalino dell'infinito e ognuno di noi ha il suo modo per manifestarla."

"E come ti vedi da qui a vent'anni?"

"Pausa" - olio su tela (2011) 35x50cm, collezione privata


giovedì 15 gennaio 2015

Flucht aus Dresden - nebel

provai una seconda fuga appena due giorni dopo, approfittando delle previsioni del tempo diramate dal dottor Dechenclaft - domani è prevista nebbia, più o meno come quella nella quale si sono perse le vostre menti - e così gabbando due guardie con il trucco del ginocchio sinistro e infilandomi in un carrello delle medicine grazie alle mie qualità di acrobata, mi ritrovai nuovamente sulla collina dei morti viventi mezz'ora prima che venisse diramato l'allarme

bene, pensai voltandomi verso il manicomio dal quale nessuno era riuscito mai fuggire. e adesso dove vado con questa nebbia? il manicomio non si vedeva. la libertà nemmeno. l'allarme suonò. in meno di sette minuti i cani del dottor Dechenclaft mi raggiunsero. 

soltanto ora capisco le parole del vecchio Uhlvart "il cane è il miglior amico dell'uomo, se saprai addestrarne uno ti donerà la libertà"




Flucht aus Dresden - minus acht Grad

partito il Toto Colle


martedì 13 gennaio 2015

Flucht aus Dresden - minus acht Grad

nel gennaio di quell'anno riuscii a fuggire dal manicomio di Dresda. contro ogni previsione gabbai una delle guardie con il trucco dell'occhio destro e in meno di dodici minuti ero fuori, sulla collina dei morti viventi. alle mie spalle la fortezza da cui nessuno è mai riuscito a fuggire. fino ad oggi. 

si ma adesso, dove cazzo vado con la sola camicia di forza e otto gradi sotto zero? 

mi tornano in mente le parole del vecchio Uhlvart: "lascia stare figliolo, piuttosto aiutami con questo gomitolo di lana..."




Flucht aus Dresden - nebel